Un titolo che suscita immediata curiosità. Induce a pensare alla importanza della respirazione, basata su due tempi, che Michele Carniel propone come le partizioni della silloge: Inspirazione/Espirazione. La domanda conseguente è “Che cosa c’entra con la Poesia la buona respirazione per una vita regolare?” Michele Carniel ci dà la risposta per la sua poesia, che è canto/pianto, letizia/sofferenza/pathos nelle sue varie manifestazioni, poesia- vita che non può rischiare lo sballo dei battiti cardiaci o la riduzione in apnea dell’agens, uomo e poeta. Spesso nella Silloge entrano in azione sollecitazioni al respiro in ordine alla necessità del suo equilibrio, proprio quando questo si fa difficile. Quindi attenzione alla fase della inspirazione, introiettiva e inglobante, poi alla espirazione, più dosata e, per certi aspetti, più espansa.

Nella rete sottile, ora tranquilla ora rotta eppure densa, ora lieve ora profonda, si collocano i motivi salienti della poesia di Carniel, controcanto della sua vita, l’amore, la donna amata, la ricerca implacata della paternità, le pressioni e i condizionamenti soprattutto per la donna amata, di un cattolicesimo spicciolo. Un crogiuolo di sentimenti, emozioni, centellinati in prove di eros esaltante e di tremori psicofisici, di aspirazione alla totalità di corrispondenza, fisica e animica  con la donna amata, di cambi e intervalli di rotta, provocati da situazioni di vita, avvertite come fallimentari.
Questo variare di respiro poetico non si manifesta con esplosioni o implosioni di accenti, grazie alla strategia del respiro, in atto sempre nei momenti in cui il cuore, messo a prova, potrebbe eccedere o perdere i battiti fino all’asfissia. La tecnica respiratoria di controllo funzionale sui battiti cardiaci, sulla coerenza intellettuale, sulla presa di coscienza dell’accettazione, difficile e talvolta lacerante, del vivere, si conferma e sublima  nella parola poetica  che incide i versi e li conduce in direzioni  di volta in volta mutate. Ora fra plaghe tranquille, ora in zona di sussulti sismici, ora in ascensioni ardite, ora in declini ondeggianti o in discese precipiti. I versi fluiscono suasivi in un alternanza, in climax discendente, tra la forza d’amore, filtrata da dubbi e perplessità, e il dominio della non corrispondenza d’amore, attraverso i ricordi del passato e il desiderio di recuperare certi approcci. E il respiro varia, aiuta, sostiene, lentamente cede e poi recupera inaspettato. Cambia la direzione del climax.
Con  l’andamento che “il cuore ditta dentro”, con Il controllo che il respiro richiede.Trapelano battiti inquieti, palpiti in pericolo di arresto, aspirazioni  alla felicità, cadute depressive, ma la poetica rimane salda, non cede, se non alle sollecitazioni dell’agens. In ogni pagina, a cominciare dalla prima parte della silloge(Inspirazione),vita, poesia, respiro scorrono complementari, con alti e bassi che la parola, il ritmo, le immagini, rendono di straordinaria evidenza. Bastano un verso, una espressione, una domanda, una riflessione per dare senso a quel momento, concretezza a quel sentire.
Nella prima lirica l’autore si presenta “fisiologicamente” ex abrupto, come grumo di nervi e una spessa epidermide pentita e greve, mentre sul piano sentimentale si delinea netto il dubbio nei confronti del rapporto con l’amata.

          Che rimane di te?
          Del tuo amore in superficie?

Non sappiamo molto e già percepiamo  che qualcosa barcolla… Si tratta di un amore che a volte coinvolge gli amanti, a volte sembra allontanarli, ma non si spegne. Quando è il caso, entra in opera la strategia del respiro per la necessità di vivere nonostante.
Forte della resistenza del torace, il poeta ha momenti in cui indugia a immaginare schiarite nel futuro con la sua donna”
                   Mi vesto di te. Oggi
                    riduco la mia vita
                    in cambio di piccoli domani

Ma alla stessa donna si trova a dire con respiro teso, Dove hai nascosto gli occhi? e osservare L’amore è esposto a vanvera. Speranza o sfiducia per la instabilità del sentimento di lei. Addirittura urge il bisogno di allontanare la donna dal morirgli addosso, tanta è la voglia di evadere. A contemplare la Luna, se il poeta non avvertisse in quella bellezza l’inganno della indifferenza. Forse al nido, caldo e sicuro, allo stadio aurorale della culla, lontano da un presente in cui tutte le fragranze/ sanno di lei.

Pur ingaggiando la strategia del respiro, è impossibile un percorso a ritroso lineare; se mai sarebbe necessaria una conflagrazione,

                      mentre la bussola emotiva impazza
                      e i timpani rimbombano

Per un respiro  più regolare, ecco l’orecchio  tendere al

                      musicare lieve di una goccia
                       che penetra un’altra goccia

All’evasione auspicata e fallita segue il desiderio di un avvicinamento non ossessivo, ma connotato da una lieve, trasparente, metaforica sensualità, la compenetrazione di due gocce, appena colta subito attenuata, con l’identificazione delle gocce in lacrime educate.
La sensibilità di Carniel per le parole, dotate di  anima, è sorprendente . Ma il respiro, misurato e pacato è breve, sorgono problematiche che turbano e scuotono, rese efficacemente da espressioni come le pretese in cancrena, pretese dell’innamorato, lasciate marcire dalla donna, per un certa remora di agire in amore. Tutto sembra sfaldarsi, perfino progetti ormai quasi consolidati. Il riflesso negativo sul poeta è immediato, Che cosa resta di me?.L’unica prospettiva di salvezza è un volo proteso all’infinito e il bisogno morale e fisico di profumi buoni, di rosmarino, di basilico per alimentare i pensieri, piangere un sorriso, perdersi in una virgola di luce.

Questa alternanza di labili speranze e forti delusioni limita non solo la resistenza toracica del poeta, ma anche la forza psicofisica e lo induce a percepire un sapore di  acido e un profondo abbattimento, comunicato alla propria donna Sono stanco, sai? Non si spengono, però, tremori e voglia di sperare, di non assuefarsi alla idea della sconfitta, ma di continuare a intravedere la salvezza nella donna, con quella incantevole sensualità che accarezza i versi .
In questo rapporto d’amore, le mani sono strumento di comunicazione sensuale di grande efficacia, sia per accompagnare l’abbandono alla passione, sia per sollecitarne il ricordo, in tempi di amore stanco.
Sono di un empito ebbro i versi:

              aprimi le dita
                infilati dentro mentre ti accarezzo
                chè non si vive solo per morire.

 Nella donna è elemento di fascino, scrive il poeta

                la corolla fragile dove riposerò/la mia mano destra
                 quel desiderio di tocco/che la mano brama
                   Ho nelle mani carezze avanzate

Inoltre lo sfioramento, la penetrazione sono suggeriti dalla delicatezza di certi strumenti musicali

                   Sei pianoforte che penetra
                     nel mio vivere da primo violino.

È consono a questa atmosfera suadente il canto della bellezza dell’amata, della sua grazia ricca di un fascino delicatamente allusivo. Significativa in merito mi pare la seguente lirica.

                                        Non piangere. Sostieni
                                        il disegno delle piume
                                        la discesa lenta delle curve
                                         in opposizione all’ignavia del vento.
                                         La tua bellezza educa
                                         propaga il manto di un sorriso
                                          aiuta il brillare costante
                                          che contraddice la notte.

                                          Schiuditi ora-
                                          permetti alla corolla di vestirti

                                          del tuo essere così donna,
                                          la postura corretta del tempo.

La pura contemplazione non è fine a se stessa, ma veicolo all’approccio cui sono destinate grazia e bellezza di una donna del genere,  preparazione allo schiudersi… Il percorso non è lineare, come sempre riposa e riprende con diversa intensità, con salti o fermate improvvisi. L’instabilità della esperienza di vita si riflette nel variare dei moti, dei sentimenti nella poesia che gioca allo scoperto con la vita.
Si passa con naturalezza alla necessità o no del parlare in un rapporto d’amore.  Non servono parole in una situazione sospesa, a darne il senso indefinibile bastano i suoni, le immagini, il tocco delle mani appunto. Non a caso il poeta sussurra Se potessi dire, tacerei.
E inoltre: ci sono remore nella effusione appassionata dell’amore? Si presumono nel pensiero della morte, non vinto e fanno riflettere i versi              

                       Resto fedele all’agonia
                       al moto cattolico della sopportazione
                       alla gracile obbedienza
                       di questo cuore all’abitudine.


Sono evidenti le implicazioni frenanti la libertà di un rapporto d’amore da vivere in pienezza di sentire.
In contemporanea compaiono dichiarazioni di smarrimento da parte del poeta,
 
                     l’amore resta un luogo che non abiterò io
                     che il fuoriposto mi veste  perfettamente

Intanto entrano nei versi, come già visto, parole che appartengono all’area semantica della gestazione, che troveranno significato nello svelarsi graduale della situazione amorosa. Nell’oscillare del rapporto implicato anche in condizionamenti di precettistica morale /religiosa, si colgono parole affini a ambiti diversi, per questo volutamente evocative e significative

                  Note appese all’aria
                   forniscono un grembo nuovo
                   per far germogliare gravide attese.

 S’ingravida perfino la follia

In questa atmosfera le dita sono disoccupate, tanto che il poeta supplica la  donna

                      Trova un lavoro alle mie dita
                      indica bene dove s’annida
                      il disegno dei tuoi occhi
                      il motivo che li domina


Si impone la ricerca di una tregua, si culla il sogno di diventare acqua e ascoltarsi, per acquietare il dentro abissale, perché il poeta nella vita che sta vivendo ha un calendario delle passioni da rispettare e, come carcere, il limite all’espansione sensuale con  l’aprioristica legge del tuo seno. Davanti alla sua donna  si sente

                   un’esile povertà di uomo
                      nulla nudità.


Ne soffre, ma non rinuncia a sentire l’amata dentro di sé,  aggregazione di accesi respiri. Dichiara di doverle un’altra vita, una manciata di respiri, sguardi pieni di occhi… E quella mano che ha rapito carezze. Ma è come un sogno sognato, senza riscontro reale. Anche la parola sfugge, masticata, abbandonata, non le vale l’immortalità, se canta macerie. La luce è sparita , anche se lui ama sempre la sua donna e non smetterebbe mai, forse neppure di cantarla ,pur consapevole che lei non ama. Ora ritornano parole che richiamano un contesto di preghiera, mani giunte, rosari, elementi – spia di un freno religioso che non è estraneo al percorso di lui e soprattutto di lei. Presente sempre, ma ostacolato, il desiderio di entrare nel corpo della donna, può esservi eventualmente accolto come devota cicatrice. Sofferenza ricucita dovuta e accettata come devozione alle scelte “scrupolose”di lei. Ulteriore  prova di amore, proprio quando l’amore da lui desiderato, è negato o, almeno, sospeso.

Lo sforzo finale della inspirazione apre la via alla espirazione che si effonde ampia e articolata nella struttura dei versi, più riposata nel ritmo, rispetto alla prima fase, manifestazione esteriore di uno sciogliersi da groppi, intuizioni graffianti,valutazioni impegnative, che fermentavano e a tratti esplodevano al tempo della fase iniziale.
L’aritmia si riduce, regolata da una cresciuta consapevolezza che, pur difficile da accettare, non può essere occultata, visto che riguarda un rapporto d’amore vissuto e sofferto. E Michele Carniel non fugge dai dati di fatto.
Una storia di vita, trasposta in poesia, se non si trasforma sostanzialmente, può venire mediata, smussata, ma i moti più intensi e significativi a dirne piacere o tormento, effusione e coercizione, speranza e delusione, permangono anche se con toni diversi.
Il motivo di fondo è sempre il rapporto d’amore, ora visualizzato e oggettivato in valutazioni, prima intuito e vissuto tra il bisogno di un piena autentica corrispondenza d’amore e la preoccupazione   che il  cattolicesimo spicciolo cui la donna amata indugia, lo consideri peccaminoso.
Da un lato quindi l’elemento impediente nei confronti di un rapporto intimo goduto in pieno in un contesto matrimoniale, non approdante, malgrado le intenzioni, alla procreazione.
Dall’altro lato la mancata paternità, vissuta dall’io-poeta come una umiliazione, subita come una vergogna.
Così, se il primo pensiero, anche nella fase della espirazione, è la donna, emergono la mancanza di calore, di dialogo, dell’empatia indispensabile alla  buona realizzazione di un rapporto intimo .
Dice il poeta

                      La tua pelle si addormenta su di me
                      come la nebbia sui campi infreddoliti


Quasi impercettibile, ma chiara è

                   la resurrezione di un calore smarrito.

Limitata la speranza nella richiesta

                          Usa il mio respiro come coperta

se domina “il nulla”

                            servito su vassoi di silenzio

Solo dal Whisky può venire il coraggio obnubilato

                             di entrare in lei
                              e violare ancora quel corpo oltraggiato.

Un termine quest’ultimo che si richiama al senso di colpa generato dalla influenza di un cattolicesimo di superficie.
Su questa linea anche i seguenti versi

                         La mano indaga la mappa epidermica
                         mi condanna a un ergastolo di piacere


La musica dei versi si tramuta in ritmo di preghiera, rivolta alla donna, mentre il contenuto tradisce la sacralità della forma.
La richiesta è di ricevere “grazie”erotiche, bisogna evitare l’ asfissia in agguato.
Nell’ardore dell’amplesso i battiti volano, nella rinuncia il respiro perde vigore, rischia di annullarsi nella inattività. Ma l’irriducibilità del desiderio d’amore si esprime nella richiesta

                                                              Raccoglimi
                              Lascia ch’io entri devasti
                               diventerò labbra atomiche
                               un dentro che assume immagini
                               e costringerà i nervi all’urlo.

E il passato? Rimasto in piedi ma di lato.
Si alternano momenti di forzata remissione a momenti in cui i sensi esplodono sia pure indirettamente, con la mediazione del ricordo o della preghiera che contiene in sé pulsioni, ovviamente non accettabili nella loro realizzazione.
Lui sa di non potere aspirare ad altro; vorrebbe superare gli ostacoli con cui la sua donna si difende, mordere i bavagli che lo frenano, riempire i polpastrelli della pelle, boicottare l’avarizia delle mani. Finiti i tempi delle generose carezze intime…
Ma non è ancora ripreso il respiro della reazione, che già sfuma in una sorta di resa e la richiesta alla donna si muove in senso opposto, da parte di chi si dice pronto ad arrendersi all’ ergastolo del piacere, adeguato a un uomo vinto.

                     Uccidimi ora
                     armata di sole mani

                     La sommaria esecuzione (di un mai divenuto) padre
                     sottomesso al regime dei respiri

A questo punto  sembra non interessare più la strategia del respiro; la morte cui il poeta pensa non ne ha bisogno.
Se mai il pensiero è per la sopravvivenza  di lei, dopo la morte di lui. In realtà ormai lui non vive in apnea ancora in vita  da “esiliato” dal talamo ? Eppure non guasta un ultimo atto di generosità del morituro che comunica alla sua donna

                     Lascio le istruzioni per respirare sul comodino
                     affianco agli occhi che ti hanno consumato.


Lo sguardo dell’uomo che ama, ogni tanto si stacca dal difficile andamento di un connubio attuato, agognato sempre, poi solo vagheggiato, per soffermarsi sulla Natura. Ora sui colori che più collimano con le sfumature della bellezza della sua donna, per grazia e femminilità vicina solo alla Natura. Ora sulle stagioni in senso reale e metaforico: inverno/ghiaccio o tristezza/malinconia, primavera/tepore o risveglio e speranza. Tempi esteriori corrispondenti ai tempi diversi e opposti del suo amore, goduto, ma soprattutto contrastato e sofferto. Forse il bisogno di sentirsi parte dell’Universo e quindi meno solo e abbandonato.

Nella evoluzione del suo poetare Michele Carniel avverte la prossimità del crollo psicologico probabilmente somatizzato; sofferente, l’amante frenato evita la luce, si nasconde negli angoli bui e ride quando la gente legge in questi atteggiamenti le stimmate della depressione, Ride amaro,forse perché questa “malattia” non è atmosfera di ambiente, ma è notte dell’anima.
Una caratteristica della Silloge di Carniel è il variare del sentire e del dire in una alternanza che mette a prova l’equilibrio del respiro in vita e in una poesia che mutua i ritmi vitali. Nella fase della espirazione l’alternanza è più evidente  nei vari momenti del percorso, tanto che si può avere l’impressione che prevalga una scelta rispetto a altre . Invece il climax verso il distacco è sì lento, a volte incerto, ma irreversibile. Una volta decisa la morte, chi ama non riamato, richiama sui suoi passi la figura della Madre, come per sancire l’importanza di quella scelta , per sentirsi accompagnato e sorretto nel momento in cui sta per caricare la Croce sulla spalla. E nasce spontaneo il collegamento con la morte in croce del Cristo storico, accompagnato, vegliato e pianto dalla Madre per eccellenza.Una sorta di sublimazione della scelta di non continuare a vivere.
Con il richiamo a un cristianesimo di sostanza, sembra ridimensionata la colpa imputata dal cattolicesimo spicciolo. Se si avverte il peccato incombere ( in un talamo non benedetto) si può alleviarne il peso con l’uso di un linguaggio sacro e il ricorso a gesti sacri, il tutto in funzione purificatrice.  Ecco ricorrere le mani congiunte in preghiera, il piangere rosari.
Si può lavare ulteriormente l’Io, secondo il poeta, crescendo dall’ io di un tempo al tu odierno, soprattutto aiutando la crescita del figlio mai nato che barcolla nei sogni e scrivere perdono.
Qui ci vogliono più respiri perché i battiti del cuore non prendano il volo , Balugina la rinascita… fatta salva la strategia respiratoria..
In realtà versi come

                             io mi sento come un filo
                            impiccato a un ago

                                      e
                           come un palato che trattiene
                            I gusti migliori
                            per tenere in vita una lingua assetata,

esprimono l’altalenanza tra il senso di sconfitta e il bisogno di recuperare il godimento sensuale .
E ancora si delinea la dichiarazione di un approccio sensuale e, come per compensare, il richiamo alla vergogna del padre mancato e alla delusione della donna, il cui ventre  ha lo squallore di un nido vuoto:

                          Non abiterò io dentro di te
                          ma un desiderio in funzione fetale
                          che si difende dal freddo
                         
                        l’incompleto amplesso che muore di vergogna

La donna ha

                  La bocca suturata da una glaciazione labiale.

E ritornando il poeta a casa, risolverà l’approccio con la donna amata

                 appoggiando la testa sul suo ventre vuoto

Gelo e assenza sanzionano una inoppugnabile incomunicabilità:
Il canto dei morti richiama il finis vitae e il canto del cigno del lui respinto si snoda nell’offerta all’amata della propria lingua tra le cosce di lei e nella nota insistita dolente della mancanza

                   Mi manca il sapore di te sulla lingua
                   il tuo corpo…
                   il pigiama…
                  il tuo profumo…


 Irrisolto ogni desiderio dei sensi, il tono sembra farsi più leggero, affidandosi alla
duttilità della memoria, intervenuta ormai la dimensione dell’Oitre.
Quieto è il parlare alla donna

                   Riuscirò di lassù a prendere un qualsiasi ricordo di te
                   per farne coriandoli e coprire la totalità dei pavimenti.

Le promette di tacere e le ricorda come già lo scialle separi il suo collo dai baci di lui. Ma i sentimenti soffocati trovano modo di sgusciare, ardendo, non sopiti, del desiderio ben noto. Le mani, digiune di carezze ardite, gli formicolano, la lingua cerca anelante le cosce di lei e si leva un canto, ebbro di voluttà e gonfio di  rammarico per le occasioni perdute.
È ancora possibile un pieno sogno sessuale? L’incipit rimane, ma…

                  Assaggio la tua pesca mentre si scioglie tra i denti
                  dirama lo zucchero tra i gangli ancora ignoranti
                  erano fermi al miele di tiglio dell’ora prima
                  quando escludevi a priori una seconda ondata
                  …ora mi porgi l’altra guancia col tuo cattolicesimo spicciolo


E quando ogni notte di tormentosa attesa è ormai finita e si prospettano  giorni scialbi e profumi svaniti, il saluto alla donna è definitivo;

                 Non avrai altro profumo all’infuori di me
                -disse il respiro-

Con la forza di un imperativo categorico, che ricorda il tono di una divinità monoteistica, il respiro, mentre si avvia a tacere, dopo essere stato regia del vivere e poetare di Michele Carniel, proiezione strategica del suo agire come uomo e come poeta, anzi essenza dell’amans,  si propone perdurante nel tempo, vincolo per la donna che ha subito condizionamenti esterni nel suo dare amore, ma soprattutto profumo permanente di un bene perduto. Guida per chi rimane in vita nel ricordo immutabile di chi ha scelto l’Oltre. E la poesia di Michele Carniel aggiunge profumo al profumo. Fluttua nell’aria l’ambrosia degli dei.

Elena Deserventi