“Ma piantala, sordido sei tu, tu sei il piccolo topo che si è scavato a buca e ci si è infilato dentro. Per un po’ ti è sembrato di starci comodo, ma adesso non sai come uscirne”.

In un romanzo di genere dalle molteplici sfumature come questo è difficile dire cosa colpisce di più chi legge perché l’autrice ha imbastito una storia elegante e metropolitana insieme, un romanzo corale dove ogni personaggio, anche quelli che hanno solo un cammeo, risultano vibranti e originalissimi e soprattutto inseriti esattamente al momento giusto. Una sorta di canovaccio da Commedia dell’Arte 2.0 in cui le “maschere” sono di difficile interpretazione, ma proprio per questo, intriganti e fascinose e in grado di stuzzicare l’intuito del lettore.

Se proprio, però, si fosse costretti a individuare l’elemento narrativo più importante, sicuramente, la scelta cadrebbe sui dialoghi: perfetti, contemporanei, accattivanti. E Rosa Mogliasso è talmente brava a scriverli che può permettersi intere pagine di soli dialoghi senza spezzare o inficiare la suspense e l’azione propri di un romanzo di genere.

La storia è una meravigliosa matrioska dove le vite parallele dei tanti personaggi hanno tutte una radice comune: migliorare la propria esistenza a ogni costo, con i mezzi a loro disposizione o anche con i mezzi a disposizione del prossimo. Basta essere abbastanza scaltri e ambiziosi per sottrarli.

E così a partire da Totò, giovane protagonista indiscusso che ricorda un Mister Ripley dell’omonimo romanzo, ma più giovane, più colto e più empatico, a Teresa, moglie di un operaio semifallito che, come ogni donna ha il giusto feeling per guardare il precipizio sotto di lei e fermarsi proprio un attimo prima, fino alla coppia manageriale che ha compreso alla perfezione che i vizi di una società possono trasformarsi in vantaggi economici per chi li sa sfruttare, sono tutti disposti a vendere la propria anima a un particolare diavolo. Ma la vendita ne varrà davvero la pena? E il diavolo rispetterà sul serio i patti?

Uccidere, qualche volta ha una trama potente e fascinosa immersa completamente nel liquido amniotico della città capoluogo del Piemonte. Ma Torino così come il Texas non è un semplice luogo ma “uno stato d’animo” che cambia e si adatta a seconda di dove si abita e di chi si frequenta, pertanto, o la si subisce o la si conquista. E allora, lungi da essere solo una ambientazione il lettore finisce inevitabilmente per considerarla un altro personaggio, un’altra delle maschere della commedia dell’arte della splendida trama e scoprire cosa c’è davvero sotto il travestimento diventa il diletto più stimolante.

E dato che siamo a parlare di raffinatezze, la virgola all’interno del titolo è una scelta editoriale colta che rimanda alla grande narrativa novecentesca e che annuncia a suo modo la particolarità di un lavoro letterario da tenere assolutamente nella propria libreria perché Uccidere, qualche volta è tutto quello che i lettori di genere hanno sempre desiderato di trovare in un romanzo, noir.

Antonia del Sambro

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