«In un contesto irlandese, mi piacerebbe pensare che la gente che legge i miei libri vede la propria area, non necessariamente in senso geografico, ma un luogo familiare, per la prima volta tra le pagine di un libro», ha così dichiarato Roddy Doyle in una recente intervista (nel 1999, ndr).

Per questa lettrice Paddy Clarke ah ah ah! riesce davvero a far risorgere uno spazio dell’infanzia, sia in senso geografico che in senso emotivo. Il black humour, il dialogo spesso troncato e la prosa rada mi riportano indietro, in modo tanto irresistibile quanto una maddalena di Proust, alla fine degli anni Sessanta nel Nord di Dublino. Io sono cresciuta a Howth, distante circa cinque miglia da Kilbarrack, paese natale di Roddy Doyle e fonte d’ispirazione per la sua fittizia Barrytown (anche se Roddy Doyle, diversamente da Paddy Clarke, è cresciuto in un ambiente borghese molto simile al mio). Come Paddy, io schiacciavo i biscotti Marietta per vedere il burro stillar fuori dai minuti forellini. La mia famiglia si stringeva attorno a un televisore nuovo di zecca per vedere Charles Mitchell, con quei suoi occhiali doppi incollati sul naso, che leggeva le notizie del telegiornale. Prorompenti rabbia ed energia repressa, io e i miei amici ci mettevamo a dar pugni a qualche malcapitato dopo la scuola. E la paura dei miei lunatici genitori e del loro cane mentecatto a volte mi teneva sveglia di notte.

Nel romanzo, Doyle presenta un suggestivo ritratto della vita di un bambino alla fine degli anni Sessanta in un sobborgo proletario che va rapidamente perdendo i suoi campi e le sue piccole fattorie per un agglomerato di nuove case e strade. Mediante l’eccitabile narrazione non lineare in prima persona, penetriamo nel mondo di un bambino di dieci anni, che al principio sembra abbastanza bilanciata. Ma gradualmente il guscio di Paddy diventa sempre più duro e scontroso, guardando i genitori che fanno a pezzi la loro relazione Sulle spine, tenta di navigare gli umori e le regole del mondo adulto. I padri sono delle creature imprevedibili, di cui non ci si può mai fidare. Gli insegnanti assegnano punizioni in una maniera sadica ed imprevedibile. Persino un bambino che dorme durante una lezione riceve un colpo di cinghia. La violenza adulta è replicata nel mondo del gioco dei bambini. Senza neanche un fremito di rimorso, Paddy e gli altri bambini costringono Sinbad, il fratello minore di Paddy, ad ingerire combustibile da accendino a cui danno fuoco: «Era come un drago». Il mondo ristretto e intollerante di Dublino negli anni Sessanta alza la sua brutta testa. I bambini tormentano Liam e Aidan, loro amici, perché Mammina non è a casa e il Paparino è una mamma chioccia che non si degna neppure di sedere a capotavola durante i pasti. Bambini orfani di madri e di padri, coppie senza figli, protestanti, membri di enti morali, o qualsiasi gruppo deviante dalla norma è marginalizzato. Rinchiuso nel comportamento stereotipico dei bambini del rione, Paddy non riesce a fuoriuscirne. Quando finalmente cerca di comunicare con il suo fratellino, Sinbad si irrigidisce come un blocco di ghiaccio, essendo stato troppe volte scalciato e schernito. Paddy, alienato anche dal suo migliore amico, è solo. Impara a dire «Fuck Off».

«Gli irlandesi che negli anni Novanta parlano dei bei tempi», quando i bambini si comportavano bene e i genitori non erano mai separati dovrebbero consultare il romanzo di Doyle. Per molti bambini che sono cresciuti a Dublino negli anni Sessanta e Settanta, la vita consisteva di notti solitarie, imprevedibili punizioni da parte di insegnanti e genitori, e inesorabili prepotenze subite dai bambini più piccoli. Il romanzo ritorna al punto di partenza. Al principio Aidan e Liam, anime senza madre, sono bersagli di beffe, ma alla fine è Paddy, abbandonato dal suo Papà, ad essere deriso: «Paddy Clarke / Non ha papà / Non ha papà / ah ah ah».

Ruth Harmon

In libreria

Roddy Doyle
Paddy Clarke ah ah ah!

Guanda, 2017
Collana: Tascabili Guanda. Narrativa
Traduzione di Laura Noulian
285 p., brossura
€ 12,00

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