”Écrire, c’est être mené à ce lieu qu’on voudrait éviter.” 

Patrick Autréaux

Il libro di Brigitte Giraud Vivre vite (Vivi Veloce nella traduzione italiana), vincitore sia del prestigioso premio letterario francese, Prix Goncourt 2022 che del Choix Goncourt UK 2022, si apre con le parole dello scrittore francese Patrick Autréaux: “Scrivere è essere condotti nel luogo che si vorrebbe evitare“. Questa citazione è particolarmente rilevante per il libro di Giraud che si basa su una vicenda autobiografica e ci racconta gli eventi che hanno preceduto l’incidente in moto che è costato la vita a Claude, il marito dell’autrice nel 1999.

‘Live fast, die young’

‘Vivi veloce e muori giovane’ è il verso di una canzone di Lou Reed, uno dei cantanti preferiti di Claude che amava moltissimo la musica e ne aveva fatto il suo lavoro diventando giornalista musicale e gestore della principale discoteca di Lione. Giraud sceglie le parole di Reed per il titolo del suo libro perché rappresentano molto bene la vita spezzata di suo marito, morto a 41 anni, a causa di un’altra delle sue passioni: la motocicletta. Un hobby che però non lo aveva mai messo in pericolo prima di quell’incidente fatale: Claude non amava né il rischio né la velocità. Quel tragico giorno però Claude aveva deciso di provare la Honda CBR di proprietà del fratello di Giraud, che è al centro di alcune pagine del romanzo come possibile causa della tragedia, perché era un modello con un motore non autorizzato a circolare in Giappone ma che veniva invece commercializzato in Europa. Un particolare questo che ha destato molti sospetti sulla sua sicurezza e su come possa esser stato una delle cause dell’incidente, nonostante Claude fosse un motociclista esperto e molto prudente.

Una tragedia che segna un prima e un dopo

Il lettore è catapultato nel cuore di una narrazione molto personale fatta in prima persona, in un modo coinvolgente e toccante. Quello che l’autrice ha vissuto è un evento traumatico che l’ha lasciata vedova con un bambino piccolo e un contratto appena firmato per l’acquisto di una casa. La felicità, i sogni e i progetti di questa giovane famiglia svaniscono all’improvviso e le vite dei due sopravvissuti – Giraud e il figlio – sono cambiate per sempre, tracciando una linea netta tra quello che sarebbe potuto essere e quello che invece sarà. La casa stessa assume un ruolo fondamentale nella narrazione e viene quasi personificata, rappresentando una delle molte cause di rimorso e senso di colpa dell’autrice: l’idea di traslocare era stata principalmente sua e nel mare di dolore che la circonda, la considera come il primo evento che ha innescato l’inarrestabile corsa verso la morte di suo marito.

Il romanzo dei ‘se’

Quando eventi come questi si verificano, la loro repentinità e tragicità provocano uno shock talmente forte che serve molto tempo per poterlo processare. È per questo che solo oggi, a molti anni dalla tragedia, l’autrice decide di scrivere questo romanzo come forma di elaborazione del lutto che possa aiutarla a comprendere meglio cosa sia veramente successo. Nonostante la perdita di una persona cara non si possa spiegare in maniera logica, la narrazione ha una funzione specifica che è quella di analizzare i fatti e la concatenazione degli eventi e delle decisioni che hanno portato al fatidico incidente. Giraud decide di cercare le motivazioni e il responsabile della sua perdita attraverso una serie di capitoli, ciascuno dei quali inizia con un ‘se’ e si sviluppa approfondendo le cause ed effetti di quelle situazioni ipotetiche che, se fossero state affrontate differentemente, avrebbero potuto portare ad un risultato differente.

Caso sfortunato o destino predeterminato?

Quest’analisi minuziosa di tutto quello che è successo e che potrebbe, in circostanze differenti, sembrare insignificante porta l’autrice a riflettere sul ruolo del destino o “maktoub”, come viene chiamato in arabo, la lingua delle sue origini (Giraud è francese di origini algerine). Ripercorrendo i giorni precedenti all’incidente del marito, Giraud affronta molti temi importanti come il senso di colpa, e l’impotenza dell’individuo di fronte a qualcosa di così immenso e devastante che non possiamo né controllare, né comprendere. La scrittrice prova anche tanta rabbia e rimorso, e vuole assolutamente trovare le relazioni di causa ed effetto che hanno distrutto per sempre i progetti e i sogni della sua famiglia. Si chiede costantemente cosa avrebbe potuto fare diversamente, soprattutto nelle ultime ore che hanno preceduto la perdita del marito, perché lei si trovava a Parigi per motivi di lavoro e Claude era rimasto a Lione per badare al figlio. La sera prima dell’incidente Giraud, presa dagli eventi, si era dimentica di chiamare Claude – a quel tempo non c’era ancora i telefoni cellulari quindi non era così facile mandare un messaggio o parlare con qualcuno – e con il senno di poi questo piccolissimo particolare le sembra una prova schiacciante della sua responsabilità nella morte del marito.

Il potere della semplicità…

Uno degli elementi che caratterizza il romanzo è lo stile narrativo “ingannevolmente” semplice e lineare che usa un linguaggio facile da capire. La complessità della storia deriva dall’elemento emotivo e dal turbinio di pensieri, ricordi ed emozioni che si susseguono nella mente dell’autrice così come dal fatto che il libro affronta dei temi molto difficili come la perdita di una persona amata, l’elaborazione del lutto e il ruolo del destino. Da lettori ci sentiamo molto coinvolti nella storia e ci sembra di condividere passo passo quello che Giraud prova durante questo processo introspettivo e di ricerca della verità. Attraverso il racconto della sua vita con Claude, l’autrice dipinge anche un’immagine molto vivida della Francia degli anni ’90 e tocca una serie di differenti questioni sociali e politiche di quel periodo come, per esempio, le differenze di classe, le difficoltà legate all’integrazione razziale e l’evoluzione della figura genitoriale paterna. La narrazione è anche impreziosita dal modo in cui Giraud descrive i vari personaggi della storia, in particolare Claude, che conosciamo poco a poco nel corso del libro e finiamo per renderci conto che alla fine del libro sappiamo molto di lui, del suo rapporto con la moglie e il figlio.

… e la forza della speranza

Vivre vite racconta una storia universale, senza confini geografici o culturali perché ognuno di noi ha vissuto l’esperienza di perdere una persona amata e, in molte situazioni come la recente pandemia, si è trovato a chiedersi cosa sarebbe successo se alcune decisioni o azioni fossero state diverse. Il romanzo è molto commovente e può essere considerato una lettera d’amore verso le persone che abbiamo perso ma anche la riflessione introspettiva di una donna ossessionata dai sensi di colpa e dall’ostinazione nel cercare una spiegazione logica per la morte del marito.

Nonostante il romanzo racconti un dolore straziante, Giraud parla del lutto e della perdita sotto voce, con grande forza ma anche con grande dignità. Il libro è anche un inno alla vita e nelle sue ultime pagine l’autrice ricomincia a vivere e ci fa intravedere la speranza di ritornare a vivere e fare progetti anche dopo aver vissuto un lutto cosi drammatico.

Valentina Lorenzon

Brigitte Giraud è la vincitrice del Choix Goncourt UK. Gli altri finalisti sono Giuliano da Empoli, Cloé Korman e Makenzy Orcel. Valentina Lorenzon, che ha partecipato alla lettura per la scelta del Choix Goncourt UK, ci porta alla scoperta di questi quattro libri non tutti tradotti in italiano.