Numero 14 | Novembre 1998

Leggendo le note biografiche è impossibile non provare una naturale simpatia verso Howard Buten: dal ’74 è Buffo, il clown triste di un piccolo circo americano; psicologo nel centro Koschise, da lui fondato a Saint Michel-sur-Orge, dove tenta di comunicare con i bambini autistici, insegnando loro a relazionarsi con il proprio corpo e con gli altri; infine scrittore, i suoi libri sono pubblicati in Italia dall’editore Tranchida.

Leggendo il romanzo si comprende come ognuno dei ruoli ricoperti da Buten siano funzionali uno con l’altro: a noi che abbiamo la sfortuna di non poter vedere i suoi spettacoli, e pensiamo di non essere suoi potenziali pazienti, rimane solo la possibilità di constatarlo da lettori.

Siamo negli stati Uniti, negli anni cinquanta. Il protagonista del libro, Burt, è un bambino di cinque anni, assolutamente normale, forse troppo, che chiede agli altri di ascoltarlo. Forse è questa la sua colpa più grande: l’intensità con cui pretende l’attenzione dal mondo adulto che lo circonda, dai genitori alla maestra, alla mamma della sua amica Jessica, ai neuropsichiatri del centro dove verrà rinchiuso.

Quando avevo cinque anni mi sono ucciso, scrive Burt sui muri della Stanza del riposo del centro di igiene mentale infantile. Lo scrive perché una sera ha fatto la pistola con la mano, ha puntato l’indice sulla tempia, e ha premuto il grilletto. Mentre aspetta Braccio di ferro il signore del notiziario mostra il giocattolo preferito di una bambina morta in un incidente e Burt non sa darsi pace neanche quando il padre gli spiega che ogni giorno qualcuno muore e non si sa il perché. Qualcosa non funziona nella sua pancia e allora si uccide. Lo scrive sui muri perché un bambino di cinque anni scrive sui muri, anche se è più sensibile dei suoi coetanei, o se crede più degli altri di essere veramente Zorro, o di riuscire a mantenere Jessica lasciando la scuola e trovando un lavoro.

«Durante l’estate ho giocato spesso con Shrubs. Abbiamo giocato a Zorro, lui faceva il cavallo. Io gli ho anche insegnato a nitrire. È come tossire solo che è più lungo. Io lo cavalcavo. La nostra domestica Sophie ha detto che facevo diventare Shrubs uno storpio, a furia di fargli fare quelle cose. Sophie è una negra di colore.»

Per i pasticci sui muri della Stanza del Riposo, Burt sarà considerato fortemente sociopatico, e il dottore che si ostina a trattarlo come un «bambino» verrà allontanato dal centro.

Il romanzo è scritto in prima persona. Nei capitoli si alternano i giorni trascorsi in clinica per la terapia e quelli del periodo precedente. Non esiste una caduta di tono, ogni frase è la registrazione della realtà da parte di un ragazzino a cui gli adulti equilibrati hanno tolto il gioco, la fantasia, e un modo proprio di spiegarsi le cose, anche i sentimenti e la sessualità. È proprio la sua ostinazione che ritarda il suo ritorno a casa: il volersi riappropriare di quello che gli è stato sottratto ingiustamente.

«La mamma ha detto che un giorno, quando sarò grande, amerò qualcuno e quello vorrà dire che impedirò a chiunque di fare del male a chi amo. Io pensavo che fosse Shrubs. Ma non era lui. Era Jessica».

La storia di Burt e Jessica, da grandi, continua ne Il cuore sotto il rullo compressore. Un po’ come in Forrest Gump le vicende dei protagonisti sono un pretesto per raccontare la storia degli Stati Uniti durante le grandi contestazioni studentesche e gli anni seguenti. Il mio consiglio è di aspettare un po’ prima di leggere l’altro libro: Buten utilizza numerosi flashback per renderlo autonomo dal primo, e questo in caso di lettura ravvicinata dei due testi può dare l’impressione del già letto, appiattendo ingiustamente il secondo romanzo.

Massimiliano Zambetta

 

Howard Buten è uno scrittore statunitense, che vive e lavora in Francia. È psicologo, violinista e anche un clown teatrale con il nome d’arte di Buffo, molto conosciuto in Francia e nel resto d’Europa. Nel 1991 è stato nominato Chevalier des Arts et Lettres.

In libreria

Quando avevo cinque anni mi sono ucciso di Howard ButenHoward Buten
Quando avevo cinque anni, mi sono ucciso
Tranchida 2009
Traduzione di T. Tosolini
194 p., brossura
€ 14,00

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