Un sigillo fino al 2037: l’aneddoto in cui mi sono imbattuta durante le mie ricerche su Marguerite Yourcenar mi ha stregata – ammetto di averci pensato molto – vuole che l’autrice l’anno prima di morire (nel dicembre del il 1987, alle porte del Natale) bruciò nel giardino della sua casa faldoni, carte, appunti. E quando inviò i propri archivi all’Università di Harvard, lo fece sigillandone una buona parte sino appunto al 2037, sicuramente quella relativa ai diari intimi e alle lettere scritte con Grace Frick.

Per quanto francese Marguerite Yourcenar restava belga di nascita e quello sarebbe stato anche l’ambiente di Zenone, il protagonista del suo noto romanzo L’Opera al Nero, che si svolge a Bruges, almeno in parte. E il Belgio avrebbe visto la scrittrice come membro straniero dell’Accademia Reale, precedendo l’onore dell’Académie française che l’avrebbe resa nel nel 1980 prima donna ad essere eletta presso l’Accademia secolare e prestigiosa il cui compito primario era quello di vegliare sulla lingua francese e sul mecenatismo.

Orfana di madre, cresciuta dal padre e dalle bambinaie nel castello di Mont-Noir, Marguerite diventa un’adolescente alle prese con la guerra e poi una donna che a trent’anni si imbarcherà per gli Stati Uniti. Aveva avuto infatti il titolo di “immortale”, dopo aver riacquisito la cittadinanza francese che aveva “perso” nel 1947 in favore di quella americana.

L’artefice dell’elezione Jean D’Ormesson che l’aveva accolta con un discorso che oggi avrebbe aperto grandi e incandescenti discussioni sul genere, abbracciandola come “grande scrittore”.

Lei intanto, aveva permesso solo alla sua sarta di fiducia del Maine di confezionarle l’abito per la cerimonia, prima che Yves Saint Laurent, considerandolo un onore (gli abiti e la letteratura non sono mai troppo distanti come si crede) cucisse per lei una veste nera da strega aristocratica e uno scialle di seta bianca.

Prima di essere la grande autrice di Memorie di Adriano aveva scritto e già pubblicato delle opere interessanti, col suo stile unico, che stringe il mito e lo piega alle passioni delle donne e degli uomini moderni e creando delle storie suggestive, dense di riferimenti autobiografici. Siamo nel 1929 e Marguerite Yourcenar aveva 24 anni quando esordisce con Alexis, un romanzo di pura avanguardia, in un momento storico in cui l’omosessualità era un tabù e nella prefazione scrive: “Il problema della libertà sensuale in tutte le sue forme è in gran parte un problema di libertà di espressione. Appare evidente come, di generazione in generazione, le tendenze e gli atti differiscano ben poco; ciò che invece cambia è l’estensione della zona di silenzio che li circonda o lo spessore degli strati di menzogna che li comprimono”.

E Fuochi, un piccolo volume scritto nel 1935, quando lei aveva 32 anni: “Assente il tuo volto si dilata tanto da colmare l’universo. Passi allo stato fluido, quello dei fantasmi. Presente si condensa; e raggiungi la concentrazione dei metalli più pesanti, l’iridio e il mercurio”.

Aveva anche scritto un’autobiografia in tre atti, riprendendo un progetto dei suoi 20 anni: Care Memorie, dedicato alla madre, Fernande de Cartier de Marchienne, Archivi del Nord, dedicato invece alla discendenza del padre, Michel De Craye Coeur e Quoi? L’Eternitè, rimasta incompiuta, a poco della sua morte: ma l’autrice di sé scriveva poco perché sempre convinta che ogni individuo sia legato alle dinamiche personali da meccanismi molto più generali.

L’Italia entra in scena con le sue ispirazioni nella vita della scrittrice: è a Villa Adriana visitata durante un viaggio in Italia col padre, che nasce la scintilla narrativa di Memorie di Adriano, la stessa villa dove sarebbe tornata con la compagna di una vita, Grace Frick, anni dopo.

Fondare biblioteche è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro un inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire. Ho ricostruito molto: e ricostruire significa collaborare con il tempo nel suo aspetto di “passato”, coglierne lo spirito e modificarlo, protenderlo quasi, verso un più lungo avvenire: significa scoprire sotto le pietre il segreto delle sorgenti”.

Per tanti anni la scrittrice non era riuscita a dare una forma al romanzo e lo aveva riportato nei suoi taccuini – sensazione che ci solleva tutte tutti- “Affondo nella disperazione dello scrittore che non scrive” e per diverso tempo, tra lo scoraggiamento e la necessità di vivere che l’aveva portata all’insegnamento.

Poi, il baule.

Il baule che Marguerite aveva lasciato negli scantinati dell’Hotel Meurice di Losanna prima di raggiungere gli Stati Uniti e lì aveva ritrovato l’incipit che squarcia tutto: la voce dell’imperatore che si rivolge al suo erede, Marco Aurelio.

Negli anni ’30 per Yourcenar ci furono viaggi, scoperte, scrittura e passioni: l’autrice aveva soggiornato in Italia, in Grecia, in Austria ed era spesso a Parigi, all’Hotel Wagram, dove nel 1937 avrebbe conosciuto Grace Frick.

Nel 1938 era approdata anche a Napoli, imbarcandosi dunque sul Conte di Savoia per raggiungere Capri, dove scriverà Il colpo di Grazia e poi a Sorrento, Spettri.

Quelli furono anche gli anni delle difficoltà economiche per la scrittrice, dopo che alla morte di suo padre aveva affidato l’eredità materna al fratellastro Michel Joseph tutto era andato storto e gli investimenti erano naufragati: da quel momento Yourcenar deve inventarsi un nuovo modo di vivere.

Iniziano le sue lezioni al college Sarah Lawrence, dove alcune studentesse diranno che è misteriosa e sapiente e che la sua presenza aleggia nella scuola come un presagio di saggezza: “il suo sguardo si accende di una pulsazione e nel suo silenzio siderale scrive qualcosa di noi nella sua mente”.

Dopo dodici anni di assenza dall’Europa, terminate le Memorie di Adriano la scrittrice era tornata a viaggiare: del romanzo era già apparso un estratto sulla rivista Table Ronde e il suo vecchio editore Gaston Gallimard decide di mettersi di traverso con una vecchia clausola sul contratto di Colpo di Grazia: ne verrà fuori un andirivieni legale ed emotivo da cui l’autrice uscirà vittoriosa.

Nel 1978 dopo la morte della sua compagna Grace, la scrittrice conosce Jerry che prende subito spazio nella sua vita: continua a vivere a Petite Planasse, curando i suoi spazi verdi e gli ambienti interni come il parloir, la sala da pranzo in cui accoglieva gli ospiti la domenica pomeriggio.

Insieme a Jerry vivranno una nuova stagione di viaggi e di sostegno reciproco, fino alla morte di lui per Aids e sulla sua lapide aveva fatto scrivere in greco: “Il calmo, intelligente amore”.

Per il suo commiato dal mondo la scrittrice aveva deciso tutto: il 17 dicembre del 1987, per emorragia cerebrale avrebbe lasciato questo mondo e le sue ceneri dovevano essere versate in un cestino Kiondo della cultura Kenyota, avvolte nello scialle amato che Yves Saint Laurent le aveva disegnato per l’Académie.

Antonella De Biasi