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Anno 0 | Numero 4 | Dicembre 1996

“Io scrivevo prose bizzarre e vagamente surrealistiche…” Così lui stesso, di recente, ha voluto definire gli esordi del suo mestiere di narratore. Allora Antonio Tabucchi era uno studente della facoltà di Lettere, a Pisa, ma le sue antenne si erano già sintonizzate sul mondo. E del mondo percepiva soprattutto ultrasuoni, spiriti, echi celati dietro al rumore, non l’evidente, ma quel che sta dietro, oltre, che si muove su un piano che sembra solo parallelo alla vita, e di quest’ultima trasforma forse l’essenza. Passando per doppi fondi e gallerie di specchi, il giovane Tabucchi ci regala il suo primo romanzo, ambientato in un mondo tra la Maremma e Macondo, in mezzo a personaggi che sfidano i padroni e gli oroscopi, le malattie e le idee con lo stesso piglio di chi è nato per vincere solo grazie al caso, con un candore che si trasforma in forza o in eterna debolezza interagendo semplicemente con i luoghi e la storia. Gli eroi di quella Piazza d’Italia che già confinano con gli oceani ci preparano a incontrare luoghi e personaggi futuri, in preziose raccolte di racconti, viaggi tra terre e sensazioni che sfruttano la lontananza e l’esotismo per diventarci tanto più consuete: le ritroviamo subito dentro di noi, rimpiattate nell’infanzia, nella paura o nel sogno, dentro un libro, un film che ci hanno affascinato.

 

Così Tabucchi, ne Il gioco del rovescio, Donna di Porto Pim, Piccoli equivoci senza importanza, o L’angelo nero, per citarne alcuni, materializza i suoi incontri con ciò che, passando nella sua vita, ha toccato le corde di uno strumento percettivo assai sensibile … Da Achab a Capitano Nemo, da Joséphine Baker al fado, dalle balene ai volatili del Beato Angelico, dai rivoluzionari delle Americhe ai nostrani terroristi, dalle voci che popolano una piazzetta ben nota agli studenti di un ateneo pisano a quella di un1ndia mistica ed esoterica … fino ad affacciarsi, forse da un miraduro, su una Lisbona semiaddormentata e rimanere intrigato in un gioco che merita una lunga sosta: le personalità di Fernando Pessoa, i suoi eteronimi, i movimenti letterari e ideologici, le tendenza politiche e sessuali di uno scrivano – che è Bartleby e Mandrake nello stesso tempo- diventeranno lavoro e sfida. Ma anche saranno occasione per passare i confini di patrie e lingue, per adottare la saudade (quell’indole lusitana fatta di nostalgia, fatalismo, contemplazione, forse mansuetudine … di fatto intraducibile in uno solo di questi sostantivi), certe viuzze della Lisbona vecchia, o borghetti bianchi aggrappati ai faraglioni dell’Atlantico. Da quel Portogallo divenuto seconda casa, Tabucchi ci porterà in Italia l’opera di Pessoa, tradotta e curata insieme alla moglie. Non soltanto: indossata la lingua portoghese come un guanto alla sua mano scriverà Requiem, storie di incontri con persone tanto più fatte di spirito quanto più legate alle cose essenziali, piccole, della vita. Una messa cantata da camerieri, zoppi, guardiani di cimiteri e controllori del treno a un illustre defunto, o forse proprio a lei… la Signora Nera?

Dalla confidenza crescente con quest’ultimo lembo occidentale dell’Europa prenderà corpo, e adipe… anche il personaggio destinato a diventare il suo più famoso, Pereira, bradipico giornalista del “Lisboa” imprigionato con la cronaca nera e frittatine alle erbe sotto il regime di Salazar. Sarà lui, grazie a una coppia di giovani sfigati rivoluzionari e a un medico che crede nella confederazione delle anime, a scrivere su quello stesso giornale reazionario che soffocava le sue energie vitali e ideologiche il necrologio ai totalitarismi.

Pereira, interpretato da Marcello Mastroianni nel film di Roberto Faenza (secondo il volere del regista e dello scrittore stesso, legato all’ultimo nostro divo da un sincero rapporto di stima e amicizia) ha consolidato prestissimo la tendenza dimostrata sin dall’inizio, a diventare personaggio in carne e ossa… quelli che escono dai libri e li incontri facilmente per strada, chissà, come Don Chisciotte o Madame Bovary…

Prima di chiudere questo percorso attraverso l’opera di Antonio Tabucchi, vorrei ricordare una novella breve e desueta, che passa spesso immeritatamente inosservata… anche qui una ricerca, che sembra poliziesca e finisce per essere molto interiore: inizia da una piccola foto sbiadita nella tasca di uno che pare morto per sbaglio, in una città frugata dal vento e dalle scale, su un mare di esploratori che dalle finestre vedono sempre Il filo dell’orizzonte. Così appunto il titolo. Con questo suo libro, l’autore, come già con Notturno indiano, ci ha confermato, senza neanche avere la pretesa di insegnarci qualcosa, con voce sempre pacata: l’unico modo di cercarsi è quello di perdersi ripetutamente.

Anna Bertini

I libri nel 1996

L’Angelo Nero, Feltrinelli, L. 10.000
Donna di Porto Pim, Sellerio, L. 12.000
Il filo dell’orizzonte, Feltrinelli, L. 9.000
Il gioco del rovescio, Feltrinelli, L. 12.000
Notturno indiano, Sellerio, L. 14.000
Piazza d’Italia, Feltrinelli, L. 23.000
Requiem, Feltrinelli, L. 10.000
Sostiene Pereira, Feltrinelli, L. 12.000

Antonio Tabucchi (Pisa, 1943 – Lisbona, 2012) ha pubblicato Piazza d’Italia (Milano, 1975), Il piccolo naviglio (Milano, 1978), Il gioco del rovescio (Milano, 1981), Donna di Porto Pim (Palermo, 1983), Notturno indiano (Palermo, 1984), I volatili del Beato Angelico (Palermo, 1987), Sogni di sogni (Palermo, 1992), Gli ultimi tre giorni di Fernando Pessoa (Palermo, 1994), Marconi, se ben mi ricordo (Roma, 1997), La gastrite di Platone (Palermo, 1998), Racconti con figure (Palermo, 2011) e, con Feltrinelli, Piccoli equivoci senza importanza (1985), Il filo dell’orizzonte (1986), I dialoghi mancati (1988), la nuova edizione de Il gioco del rovescio (1988), Un baule pieno di gente (1990), L’angelo nero (1991), Requiem (1992), la riedizione di Piazza d’Italia (1993), Sostiene Pereira (1994, premio Viareggio-Rèpaci, premio Campiello, premio Scanno, premio dei Lettori e Prix Européen Jean Monnet), La testa perduta di Damasceno Monteiro (1997), Gli Zingari e il Rinascimento. Vivere da Rom a Firenze (1999), Si sta facendo sempre più tardi (2001, Prix France Culture 2002), Autobiografie altrui (2003), Tristano muore (2004, miglior libro dell’anno secondo la rivista francese “Lire”), Racconti (2005), L’oca al passo (2006), Il tempo invecchia in fretta (2009), Viaggi e altri viaggi (2010), la riedizione de Il piccolo naviglio (2011), Romanzi (2012), Di tutto resta un poco (2013), Per Isabel (2013). Ha curato l’edizione italiana dell’opera di Fernando Pessoa e ha tradotto le poesie di Carlos Drummond De Andrade (Sentimento del mondo, Torino, 1987). Ha ricevuto il Prix Médicis Etranger e il Prix Européen de la Littérature in Francia; l’Aristeion in Grecia; il Nossack dell’Accademia Leibniz in Germania; l’Europäischer Staatspreis in Austria e i premi Hidalgo e Cerecedo in Spagna. Ha vinto il premio Salento nel 2003 e il Frontiere-Biamonti nel 2010. I suoi libri sono tradotti in tutto il mondo.

© Biografia tratta da feltrinellieditore.it