È di più o di meno di tutto quello che ha scritto prima? La domanda si affaccia dopo aver letto l’ultima parola dell’ultima pagina. Di più o di meno in questi nuovi 300 e passa fogli divorati senza pause, senza respirare, quasi in apnea?

La vita intima (Einaudi), il romanzo di Niccolò Ammaniti da poche settimane in libreria, ha la forza di una calamita: non è naturale interromperne la lettura o solo frammentarla per il resto delle cose quotidiane: richiede tutta una tirata. È Ammaniti, no, uno degli scrittori contemporanei più bravi in assoluto, dei più attesi, dei più amati: qualsiasi cosa sua è superiore alla media. Stavolta però con un tratto non previsto; il narratore stavolta tira fuori, almeno questa è la sensazione personale, una dolcezza insolita che permea tutta la storia, un lungo abbraccio alla sua protagonista. E qui sta l’iniziale senso di smarrimento dell’appassionato lettore del romanziere romano: che cosa doveva esserci, e non c’è, in questo ultimo libro che si ama dalla prima all’ultima scena eppure porta a quella fastidiosissima domanda: meglio o peggio? Altro. Ma poi, mettendo insieme tutti i pezzi, nemmeno tanto. Ne La vita intima c’è, evidente o più velato, tutto l’Ammaniti di sempre.

La vita intima intanto fa tornare con la mente al “Miracolo”: nella serie tv – che nel 2018 ha portato a dire: Ammaniti è straordinario anche come regista – c’è un presidente del consiglio dei ministri e c’è una moglie del presidente del consiglio. Si tratta di personaggi e storie molto differenti, di importanza ribaltata, ma la casa familiare del potere, non il Palazzo, è il luogo comune dell’intimità scrutata cinque anni fa nella fiction, ora nel libro. 

Nel libro adesso la protagonista, la first lady, è la donna più bella del mondo perché così ha decretato un algoritmo di uno studio universitario americano. Attorno a lei, il giro di giostra dello staff del marito, un primo ministro abbastanza per caso: zelanti collaboratori che le mostrano disistima e poco rispetto. Sangue, stavolta, molto meno, come minore è quella paura fisica che nei romanzi di Ammaniti spezza il fiato e ti fa chiudere il libro per respirare e riprendere coraggio. C’è però sempre tanta angoscia per quel passo così in bilico sul precipizio.

Il senso di orrore nel romanzo è stato traslato, adattato, meravigliosamente calato nella stralunata dimensione dei tempi nostri: la realtà idiota che vive e si anima e ci affonda e ci risucchia dallo schermo di un telefonino, quella vita sul web sempre più diffusamente percepita come prioritaria rispetto a quella “vera”, al punto che oggi è conclusione comune che non ci sia differenza tra le due. Meno male che poi, mantenendo i piedi per terra, non è così, e proprio per niente. Nella vita “vera” siamo ancora pieni di quella miseria, nonché di quella pienezza che ci rendono umani, non proiezioni filtrate, macchiette di personaggi di uno star system filtrato, macchiettistico. Questa morale non c’è nel libro, ma se uno vuole trovarla, la trova. Ne La vita intima c’è una corsa affannata, carica di ossessione, su un equilibrio che non esiste più, appunto vita concreta/vita da internet, di una donna meravigliosa eppure derisa più o meno da chiunque. Spessore trasparente, inesistente le riconoscono “quelli che ben sanno”.

La vita intima diventa per questo anche la dimensione della mancata intimità, il buco nero nel quale abbiamo gettato, tutti, nessuno escluso, il corso dell’esistenza. Il faro è la ricerca spasmodica del consenso, crudeltà da social risolte o ingigantite dalla potente guida che costruisce ogni azione, ogni scelta, ogni parola, ogni immagine: la comunicazione. Ecco l’altro vorticoso abisso.

Nella lente di Ammaniti Maria Cristina Palma è la donna bloccata, terrorizzata dalla sua condizione di moglie del premier. Un suo passo falso, qualunque esso sia, è peggiore di qualsiasi passo falso una persona comune possa compiere. Lei è sempre e soltanto funzionale alla popolarità del marito. È il viso, il pensiero, la condizione ingessata che la sua esposizione le impone. Si sente inadeguata sempre perché il mondo che è le capitato attorno la ritiene inadeguata sempre. E allora, come si trattasse di una marionetta, questo mondo, che ha interesse solo per le oscillazioni del consenso del capo, la gestisce, la istruisce, la limita in protocolli precisi decisi a tavolino dal santone della comunicazione e dal suo team di fedelissimi automi. Il Bruco, che richiama la Bestia o uno dei tanti portavoce politici nostrani assurti a inviolabili divinità, è il mentore dei post e degli interventi, decide tutto, niente accade senza che lo abbia indicato lui: contenuti delle pubblicazioni, foto da condividere, abbigliamento. Presenza o assenza. Personaggio grottesco di dinamiche grottesche. Terrore per Maria Cristina, terrore che però solo Maria Cristina sa affrontare e mettere in mutande.

È la follia di strapparsi l’unghia a un dito del piede dolorante che la riporta su un terreno fisico. E lo fa come può lei: con tutte le sue fragilità, le sue insicurezze, le sue cadute. Cade, torna indietro, poi guarda di nuovo avanti. Cade, si sporca di nero e si lava.

Orrore irreale, spesso surreale come solo Ammaniti sa fare. Il filo è continuo: nell’angoscia dei danni potenziali della simultaneità del web si perde la semplicità delle cose. Quel tipo di angoscia fa vedere mostri laddove non ci sono. Probabilmente è poi soltanto la voglia di vedere la fine di se stessi che denuda di potenza la spaventosa dimensione della rete. Che è mostruosa, come tutte le cose che trascendono la realtà.

A Maria Cristina, che il cinismo della corte intorno ha ribattezzato Maria Tristina per i grandi dolori che ha dovuto affrontare, in un caso, forse il più doloroso per lei, senza davvero affrontarlo, o anche Maria Cretina a dimostrazione della poca considerazione che di lei si ha, non piace niente o quasi della sua vita. Per comodità la vive, ma non ci vede bellezza. Come a tratti non riesce nemmeno più a riconoscerla in lei: la cattiveria degli altri l’ha resa meno sicura persino su questo. La bellezza è nell’amore per sua figlia e nell’amore della figlia per lei: Ammaniti scrive una pagina che ogni madre vorrebbe sapere pensare, scrivere, dire al proprio figlio tanto è dolce, tanto è potente. Anche questo c’è ne La vita intima.

E allora è più o di meno, quest’ultimo romanzo di Niccolò Ammaniti? Boh. Che importa alla fine? Resta il fatto che è bellissimo. Davvero.

Sabrina Varriano

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