Per la lettura di Lacci di Domenico Starnone ringrazio un amico.

I personaggi di questo romanzo breve o racconto lungo, che dir si voglia, sono complicatissimi. Sono una coppia e come coppia si portano dietro i loro malesseri; i loro ricordi, trasformati in qualcosa di terribile e terrificante, vivi seppur sepolti. Si stringono, appunto come lacci, poi si slacciano, quasi inesorabilmente, e, di nuovo, si riallacciano in un gioco delle parti delicatissimo. Poi la coppia genera un’altra coppia, anch’essa delicata, precaria: i figli.

Nel labirinto degli specchi, si portano dietro tutte le fatiche della coppia genitoriale e ne aggiungono altre, le proprie, come sempre accade nel percorso di ciascuno di noi.

La vita scorre e inesorabilmente presenta il conto o semplicemente arriva il momento in cui non si può più far finta che nulla sia accaduto, il passato viene ripescato dall’angolo oscuro della nostra anima o più semplicemente da quello dell’armadio dove avevamo pensato di poterli tenere a bada, presenti seppur separati dal nostro essere quotidiano. Una volta aperta la scatola, tutto fluisce fuori attraverso le immagini, le parole, i pensieri.

Allora ci si chiede cosa siamo stati e cosa siamo diventati. Le circostanza hanno scelto per noi o
semplicemente abbiamo scelto la via più facile?

Non scegliere, facendo sì che gli altri lo facciano per noi. Oppure scegliere e sentire tutto il carico, il dolore che può generarsi per sé e chi ci circonda. E chi ci circonda, nel caso di Lacci, i figli, cosa si portano dietro, cosa ne sarà di loro, quali conseguenze hanno subito, subiscono o impartiscono agli altri, a causa di questo loro vissuto?

Ognuno di noi può leggere Lacci e trovarci dentro le proprie risposte o punti interrogativi, non importa, non è questo quello che conta. I personaggi di questo romanzo vogliono solo aprire uno stralcio dentro di te, lettore, e farti sentire che sei vivo come loro e puoi scegliere, respirare, incolpare, amare.

Annamaria Vicedomini

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