Nel mondo dei libri ho spesso avvertito una stonatura che oggi risuona ancora più forte perché amplificata dai social media.

Da una parte studi di settore dicono che in Italia si legge sempre meno; ogni anno vengono presentati numeri allarmanti di mancati lettori; si sente dire spesso (da me compresa) che a scuola le maestre hanno sempre meno passione e poca formazione; è molto diffusa l’idea che i bambini dai 6 anni in su leggano meno di quelli della materna (perché prima dei 6 anni a leggere – a voce alta – sono i genitori e i maestri di buona volontà); il lavoro di case editrici piccole e di qualità viene reso molto difficile da una distribuzione “troppo aggressiva”.

Dall’altra parte nascono ogni anno nuovi festival letterari in città piccole e grandi; molti scrittori fanno delle vere e proprie tournée in librerie (indipendenti e non) registrando bei numeri di pubblico; sui social i blogger letterari e i librai social sono sempre più numerosi e sembrano avere sempre di più un peso nelle scelte dei lettori; i premi letterari continuano a esserci e a creare discussioni e polemiche; sui profili social scrittori ed editori annunciano ristampe; gli scrittori (pochi ancora, ma ogni anno qualcuno in più) sono vere e proprie star.

Da lettrice mi chiedo quindi quale sia l’immagine reale e soprattutto cos’è che stona in queste due opposte rappresentazioni?

Penso che la verità stia nella combinazione dei due mondi. Penso che ci sia una tendenza a una visione parziale e che il problema sia nel concetto del qui e ora, ovvero l’idea che un libro debba “funzionare” subito altrimenti viene dimenticato; o che nelle librerie debba esserci sempre il libro di ultimo grido o che le recensioni siano solo per i libri che possono vendere (poco è rimasto di critica letteraria pura); che gli eventi culturali per avere successo debbano essere pieni di quegli autori civetta che attirano il pubblico anche dei non lettori.

Aliano

La luna e i calanchi ad Aliano

Mutuando un famoso (e molto usato) proverbio africano che dice che per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio, potremmo dire che per aiutare il mondo del libro e soprattutto per educare un lettore consapevole sia necessaria un’intera comunità.

Lo dimostrano ad esempio le presentazioni dei libri. Alcune più di altre.

Ho deciso di confrontarmi su questo tema con tre autori che girano molto l’Italia con le loro presentazioni. Sono scrittori diversi tra loro per stile, ma con in comune una forte energia culturale che ha scardinato il concetto del qui e ora: Annarita Briganti, Franco Arminio e Luca Bianchini.

Annarita Briganti

Annarita Briganti

Quando ho scoperto che dopo due anni dall’uscita del suo ultimo romanzo Annarita Briganti è invitata in giro per l’Italia ancora a presentarlo (e con successo), l’ho subito contattata per capire cosa significasse per lei dover stare insieme al suo libro per così tanto tempo. Annarita, che della promozione culturale ne ha fatto un mestiere, mi ha risposto che per lei andare a parlare dei suoi libri significa conoscere nuovi territori, incontrare nuove persone che sono estremamente generose e aperte e che sono andate ad ascoltarla sia quando ha dato voce a un tema universale come l’amore sia a un tema doloroso come l’aborto. Continuare ad andare in giro facendo a volte anche dei viaggi molto impegnativi (e spesso a proprie spese) significa dare valore al lavoro di semina che fanno le librerie e le biblioteche in luoghi spesso lontani dai circuiti noti; significa andare dove ci sono i lettori.

Per Luca Bianchini e Franco Arminio le presentazioni sono incontri in cui riflettere su temi della vita, ma anche momenti di letizia. Franco Arminio durante le sue serate parla spesso di morte e di dolore attraverso la poesia; ma soprattutto crea serate liete e pensose che fanno bene non solo ai suoi libri, che qualcuno magari andrà a cercare, ma a tutto il movimento letterario perché un poco si smentisce quell’aura cupa e autoriferita che spesso accompagna gli scrittori. Per Luca Bianchini sono un modo per ringraziare chi decide di fare uno pezzo di strada con uno scrittore, quel pezzo di strada che per l’autore non esisterebbe se non ci fossero i lettori a renderlo reale.

Bianchini_Beinasco_Biblioteca

Luca Bianchini nella biblioteca di Beinasco

Questi tre autori hanno incontrato tantissime persone lettori e non, hanno presentato i loro libri ognuno in più di 140 tra paesi, città, festival, biblioteche. Hanno creato comunità. Hanno introdotto l’uso dei social per portare avanti le proprie missioni. Hanno inventato dei rituali di gruppo (il selfie di gruppo di Luca Bianchini, il canto corale di Franco Arminio, le foto di backstage di Annarita Briganti). Hanno generato un movimento assicurando una vita editoriale più lunga ai loro libri, ma dando vita a una parte di quel villaggio necessario per il mondo dei libri: dopo una presentazione un libro viene sempre comprato per essere regalato a un amico e magari viene acquistato anche un libro che è stato citato e così il movimento è prolungato (Luca Bianchini).

Come dicevo prima per creare un lettore consapevole è importante un lavoro collettivo. Ma questo non vuol dire che tutti gli scrittori debbano agire nello stesso modo. Credo che lo scrittore debba avere una funzione nel creare comunità di senso, e che lo può fare nel modo carnale come i nostri tre autori con cui ho parlato, ma anche solo con la propria scrittura, come è il caso di Elena Ferrante. Credo però che ogni abitante del mondo dei libri debba fare la sua parte e che questa parte possa avere dei pesi diversi di volta in volta. Nel caso delle presentazioni ad esempio oltre gli scrittori, i lettori consapevoli, i lettori non consapevoli, i librai, i bibliotecari, i giornalisti locali, le radio locali, i colleghi, i blogger, gli insegnanti, gli studenti, i luoghi sono tutti protagonisti necessari per far sì che in quel villaggio crescano nuovi lettori.

Lea Iandiorio

 

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