Parlaci di te.

Sono nata a Torino, dove ho studiato. Ho lavorato presso l’Osservatorio Astrofisico di Torino che ha sede in collina, a Pino Torinese, ma il mio lavoro mi ha portato a viaggiare parecchio sia per le collaborazioni che per i convegni a cui noi scienziati dobbiamo partecipare per comunicare i nostri risultati e confrontarci con altri colleghi di tutto il mondo. Ora sono in pensione, ma sono ancora associata all’Istituto e questo mi permette di lavorare ancora un po’ su alcuni progetti e di tenermi aggiornata.

La tua è certamente tra le professioni più affascinanti con le quali ci siamo confrontati. Parlaci del tuo lavoro da astronoma, di cosa voglia dire vivere guardando sempre cosa accade tra le stelle.

È vero: il mio è un lavoro molto affascinante. Tengo a precisare che un’astronoma non passa tutto il suo tempo a ‘guardare’ le stelle al telescopio, come forse si può pensare secondo un’idea un po’ vecchia. Il nostro lavoro consiste anche nell’interpretare i dati osservativi e creare modelli teorici degli oggetti che osserviamo. Inoltre oggi l’osservazione e la modellizzazione non sono necessariamente entrambe eseguite dalla stessa persona o gruppi di persone.  Possiamo interpretare dati ottenuti da altri o viceversa fornire osservazioni ad altri gruppi che le interpretano.  E poi i dati di oggi non sono forniti solo da osservazioni ai telescopi, ma provengono anche da satelliti. Gli oggetti di studio sono molteplici: possono andare dall’intero universo alle galassie, alla nostra stessa galassia, la Via Lattea o alle stelle e i pianeti.  Il campo è molto diversificato e un astronomo si indirizza verso un campo specifico, specializzandosi in quello.

Quanto è stata importante la tua formazione per quello che fai oggi?

Io sono matematica di formazione e questa formazione astratta mi ha portato a dedicarmi maggiormente ai modelli piuttosto che al lato sperimentale dell’Astronomia. La Matematica e la successiva specializzazione nella Fisica Matematica mi hanno avvicinato alla bellezza delle equazioni di Einstein, che descrivono tutti gli oggetti gravitanti. I miei studi hanno quindi avuto un’impronta piuttosto rigorosa e si sono concentrati soprattutto su modelli di oggetti piuttosto estremi, come i buchi neri, per descrivere i quali la Relatività Generale di Einstein è fondamentale. Ma mi sono occupata anche di Cosmologia (la disciplina che studia tutto l’Universo) e di galassie.

Hai scritto diversi libri che parlano della tua attività di ricerca. I libri (degli altri) che ruolo hanno nella tua vita? In che modo sono stati importanti per il lavoro che fai?

Sono stata sempre un’accanita lettrice. Non solo di libri scientifici in senso stretto. Mi ha sempre interessato la filosofia della scienza. I libri di Kuhn (La struttura delle rivoluzioni scientifiche) e di Popper (Logica della scoperta scientifica) sono stati fondanti per darmi un punto di vista sull’attività dello scienziato. Oggi mi interessano molto i libri di Carlo Rovelli, sul tempo, sulla meccanica quantistica. Ma mi piace molto anche leggere romanzi e saggi di tipo più letterario. Tra i miei autori preferiti di oggi citerei Ian McEwan, Haruki Murakami, Elena Ferrante e Dacia Maraini. Mentre quando ero più giovane adoravo Ernest Hemingway, Jack Kerouac, Natalia Ginzburg e Cesare Pavese.

C’è un libro in particolare che ha avuto un ruolo decisivo in quello che sei oggi? Ce ne vuoi parlare brevemente?

La mia passione parallela all’astrofisica è sempre stata la psicologia e la psicanalisi. Ricordo che la lettura de L’interpretazione dei sogni di Freud quando ero adolescente è stato l’aprirsi di un mondo. Mi resi conto che oltre allo sconfinato Universo esterno, ce n’era uno altrettanto vasto all’interno dell’uomo: l’inconscio. E questo universo interiore si manifestava alla nostra coscienza con segnali (i sogni) che andavano interpretati.  Così come un astronomo deve interpretare i deboli segnali che provengono da una galassia lontanissima.

Intervista a cura di Angela Vecchione