Per una lira è il titolo di una canzone di Lucio Battisti che comincia così: Per una lira io vendo tutti i sogni miei. E poi la voce a strisce di Battisti racconta la storia di qualcuno che a malincuore si distacca da una parte di sé. Ascoltandola, ho sempre pensato a chi scrive. In particolare agli esordienti. Chi, per la prima volta (e spesso per una lira) consegna il proprio destino al mondo. Nell’incertezza e nell’imprecisione, un esordio insegna a scrivere più di un capolavoro (anche quando le due cose coincidono: David Foster Wallace, La scopa del sistema, 1987). Per una lira è uno spazio dove leggendo le nuove voci della narrativa, italiana e straniera, metteremo in luce alcuni aspetti di un romanzo legati al gesto dello scrivere per la prima volta, ovvero alla scoperta della propria voce.

Alessandra Minervini, scrittrice, editor e writing coach. Il suo primo romanzo si intitola Overlove, LiberAria 2016. Nel 2021 pubblica Una storia tutta per sé. Raccontare se stessi per essere (più) felici con la casa editrice Les Flâneurs Edizioni. Il suo sito è alessandraminervini.info. Qui gli articoli pubblicati su exlibris20.


Lucia Perrucci, La prodigiosa macchina cattura anime di Cassandra Apollinaire, Mondadori 2022

Francia, 1971. È il 13 ottobre quando un postino suona alla porta della famiglia Sélavy scatenando il finimondo: la consegna è per Louis, il gemello di René, morto in un incidente proprio due anni prima. Da allora nessuno ha più potuto nominarlo. Ma quando il pacco rivela il pezzo mancante dell’inquietante camera oscura rinchiusa nel garage e i genitori scompaiono all’improvviso, i fratelli Yves, André e René si trovano con molti interrogativi: chi è la misteriosa Cassandra Apollinaire che ha mandato il pacco? Cos’è successo ai loro genitori? Ma soprattutto: è davvero possibile riportare in vita i morti? Perché Louis è tornato. Ed è nel corpo di René.
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Lezione n. 46

Scrivere una storia fantastica

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Con La prodigiosa macchina cattura anime di Cassandra Apollinaire si entra senza via di scampo, e per fortuna, nello straordinario mondo della narrativa Fantastica. L’esordio di Lucia Perrucci non è fantasy, non è surrealismo (non in assoluto), non è gotico (nonostante ne abbia tracce) e non è soltanto un romanzo d’avventura per ragazzi e ragazze. Il canone “fantastico” a cui la storia e il suo mondo aderiscono sono tutte queste cose e molte altre, rendendo la lettura amabile per tutti e per tutte. Il Fantastico è sottovalutato. Nonostante negli ultimi tempi se ne trovino esempi più diffusi in libreria. Cosa vuol dire scrivere una storia fantastica a un primo livello creativo? Intanto significa trovare adesione nelle parole di uno dei precursori del genere, specialmente in termini tecnici: Tzvetan Todorov, secondo cui “Il fantastico non è altro che la scelta del lettore – che si identifica con l’autore – fra la spiegazione naturale e sovrannaturale di un fatto insolito“. Non esiste un Fantastico se questo non si riproduce a più riprese nei personaggi tanto quanto nei lettori. Il contesto, la personalità dei protagonisti, la premessa drammatica e soprattutto il punto di vista del narratore sono elementi strutturali: in questo caso sono “i fantastici quattro”. La storia che Perrucci racconta è intrisa in una sorta di magia, grazie a una buona capacità di saper dosare questi quattro elementi. Una magia che si rivela anche nell’accurato apparato grafico, come l’accattivante illustrazione di copertina, opera di Elisabetta Stoinich e Luisa e Laura Lodetti, fino alle illustrazioni interne a cura di Stefano Moro, che omaggiano l’immaginario perturbante da Mary Shelley in poi.

I fratelli Yves (che sua sorella si ostina a chiamare “la blatta”), André (i cui libri preferiti sono manuali di istruzioni) e René Sélavy (che si ritrova un nome da maschio e una benda sull’occhio) devono improvvisamente fare i conti con una possibilità che nessuno di loro aveva mai preso in considerazione: rimettere in vita i morti e di farlo tramite un prodigioso dagherrotipo. Siamo a Parigi, nel 1971. La famiglia Sélavy ha perso il piccolo Louis, pochi anni prima. La difficoltà di accettare la perdita coinvolge particolarmente i tre fratellini che desiderano riportarlo in vita grazie alla macchina prodigiosa, che sembra essere nata apposta. Tra scienza, magia, gotico e mistery comincia un’avventura avvincente quanto delicata che viaggia nel tempo e nello spazio.

«Quindi questo è un dagherrotipo…» riflette André subito dopo, mentre sbircia di nuovo quella lastra muovendola tra le dita.
«Che cos’è?» chiede Yves e André mette subito insieme quelle poche cose che sa: «È una specie di fotografia» prova a spiegare, «solo che a seconda di come la guardi può apparire sia in positivo sia in negativo. Guarda: dipende dall’angolazione della luce. Così è normale, se la muovo i colori sono invertiti».
«Sembra viva!» esclama Yves con una punta di eccitazione. «Perché sembra che ci sta guardando?» chiede.
«È normale quando guardi dritto in macchina, Yves. È stata scattata così.»
René lo osserva cupa: «Perché mandarla a Louis? Perché adesso? LO SA QUESTA QUI CHE LOUIS È MORTO?».

Nemmeno uno dei “fantastici quattro” tradisce la prospettiva fantastica, intesa come reinvenzione continua, che accompagna il potenziale della storia. Fantastico in letteratura può essere tutto, perché è uno sguardo, una voce, un modo di fondare mondi narrativi facilmente riconoscibili nella vita quotidiana eppure fantastici. Appartenenti, cioè, a contesti che in realtà comprendono materialmente la magia e il mistero, due cose che nella vita non sono propriamente dimostrabili.

«Volevo scrivere da tempo di una famiglia un po’ strampalata e del potere delle immagini, provando a trasmettere il fascino della fotografia così come me l’ha raccontata mio padre (ex fotografo), fatta di istanti di luce e di attese nel buio, ma anche di vecchi aggeggi che fanno rumore».

Complici la prosa curata e chiara, mai didascalica; la caratterizzazione di personaggi e ambientazioni che incrocia il Fantastico con echi del surrealismo francese, l’autrice riprende, senza farne sentire il peso, un tema letterario Fantastico ben riconoscibile: qual è legame tra la vita e la morte? E come l’essere umano può superarlo? La letteratura fantastica ha una relazione stretta con la scienza e le sue sperimentazioni. In entrambe le discipline è sotteso un fine: superare i limiti umani, cioè la morte. È ciò che tentano di fare tutti i personaggi annientati, nel bene e nel male, dal troppo amore che li porta ad avere un’unica ragione di vita: sconfiggere l’assenza di chi si è amato., rispettando l’impianto narrativo classico dei romanzi d’avventura. La natura proteiforme del romanzo contribuisce al suo magnetismo. Sembra assurdo eppure associando a qualcosa di facilmente riconoscibile qualcosa di impossibile, la storia risulta più credibile. Perrucci ci vede bene quando sceglie di dare un potere magico a una macchina fotografica, oggetto apparentemente innocuo.

«Qualunque cosa succeda, non guardare mai nell’obiettivo».

Altri esordi fantastici

Bernardo Zannoni, I miei stupidi intenti, Sellerio 2021
Gaia Giovagnoli, Cos’hai nel sangue, Nottetempo 2022
Leonardo Malaguti, Dopo il diluvio, Exorma 2018
Patrizia De Luca, Tettagna, e/o 2020
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