«Esempio di coraggio ed altruismo ai giovani di ogni tempo trasse in salvo dalle acque del fiume Po un coetaneo in pericolo di vita meritando la medaglia d’argento al merito civile». Così recita, raccontandoci le gesta di un Mario Soldati appena quindicenne, la lapide commemorativa che fa da sfondo alle passeggiate dei torinesi lungo i Murazzi del Po. Ma chi era veramente quest’uomo, scrittore, sceneggiatore, saggista, regista e autore televisivo che il poeta Attilio Bertolucci descrive come «naturale inventore di storie e paesaggi»?

Nato a Torino nel 1906 da una famiglia benestante alla quale era molto legato, Mario Soldati intraprende il suo percorso di studi presso la scuola dei Gesuiti che, come lui stesso ricorda, frequentava «con intensità, rigore e un coinvolgimento religioso molto profondo». Qualche tempo dopo però, attraverso il romanzo breve La confessione, Soldati svelerà come questa moralità indotta e l’attenzione al rispetto delle regole nascondano un lato oscuro, quello di una sessualità estremamente rigida che sfocia inevitabilmente nella trasgressione. E proprio la sessualità e la trasgressione fanno da filo conduttore alla raccolta di racconti Salmace pubblicata nel 1929 dalla casa editrice La Libra, che Soldati stesso aveva fondato insieme ad alcuni amici letterati novaresi e il cui titolo ci riporta subito alle Metamorfosi ovidiane.

Approcciandosi alla lettura di queste novelle ci si trova immediatamente di fronte a due elementi in grado di mettere in difficoltà la sensibilità del lettore: un distacco indifferente, provocatorio e a tratti perverso nei confronti di argomenti scabrosi, e una penetrazione psicologica, decisamente innovativa per l’epoca, capace di rompere quella bolla protettiva che racchiude ogni aspetto della sessualità. L’attitudine fisiologicamente naturale alla scrittura e la disinvoltura del suo modo di raccontare, insieme con una maniacale attenzione nella costruzione delle voci e dei movimenti, consentono a Soldati di delineare ogni personaggio con una profonda definizione e un dettagliato ritratto interno.

L’incessante inseguimento tra piacere e trasgressione intensifica la rappresentazione del piacere stesso, allontanando i personaggi (e, con loro, anche l’autore) dal bene e dall’educazione gesuita costrittiva che insiste sul pericolo delle tentazioni, con l’intento di giungere finalmente allo sdoppiamento: una parte dell’Io è narratore, l’altra è protagonista. I racconti sono sei, Vittoria, Pierina e l’aprile, Salmace, Scenario, Mio figlio e Fuga in Francia (nella seconda edizione Adelphi del 1993 è stato aggiunto, per volere dell’autore stesso, Il concerto) e narrano di tradimenti fra coniugi e fra genitori e figli, di prostituzione – intesa come il lavoro che più si avvicina alla libertà –, di relazioni omosessuali, di fughe di bancarottieri dalle ripercussioni della legge e, infine, di metamorfosi di genere. I protagonisti sono figure discontinue ma in continuo movimento: sono individui aperti e duttili che tentano di fuggire dalla prigione della monotonia ricercando la diversità al proprio interno ma, allo stesso tempo, sono costantemente accompagnati da inerzia e passività, le quali innescano un moto perpetuo da cui è veramente difficile uscire.

I racconti, all’interno dell’opera, non seguono l’ordine cronologico di stesura, ma non è probabilmente un caso che Scenario e Salmace rappresentino il cuore della raccolta stessa: il primo, unico a travalicare i confini piemontesi, è ambientato a Venezia, «regno di finzioni e recitazioni», e narra le vicende di un amore omosessuale, tema ricorrente negli scritti dell’autore; il secondo racconta la storia di un ragazzo malinconico che la sera di carnevale, osservando giovani donne divertirsi sulle giostre, desidera essere come loro per sentirsi libero e il giorno successivo avviene in lui quella metamorfosi sessuale che porterà il suo aspetto esteriore a coincidere finalmente con la sua identità più intima. Sono storie di coraggio, ricerca, riscoperta, rinnovamento e – grazie anche allo studiato sviluppo dell’intreccio che prende forma in momenti topici della giornata o dell’anno – vanno a sottolineare ancora una volta il messaggio che l’autore aveva necessità di trasmettere: ogni storia, infatti, si svolge al mattino, in primavera e/o a carnevale, tutti momenti di trasformazione e rigenerazione. La differenza risiede nel tipo di ciclo che questi momenti richiamano: il mattino un ciclo abituale di ventiquattro ore, la primavera un ciclo naturale e il carnevale un ciclo sociale.

Alla fine di questo percorso, nel quale Soldati racconta e si racconta, la trasgressione viene focalizzata in accezione prettamente positiva: la mobilità dei confini è la base dell’esistenza, il modo in cui lo scrittore guarda l’uomo è in stretta relazione con la sua parte più istintuale e con le spinte che da lì derivano. La prospettiva è di apertura e di ricerca dell’equilibrio tra l’uomo e il suo istinto: anche se spesso può disorientare o andare contro al modo in cui la ragione e la società suggeriscono di comportarsi, è da questo scontro che deriva la felicità (pur precaria ed effimera). L’idea che l’istinto sia l’unico mezzo per raggiungere una maggiore intensità di vita è forse uno degli aspetti più moderni e attuali di questa raccolta.

Elisa Bruccoleri

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