Devo scrivere un pezzo sul racconto d’estate, un piccolo prontuario di suggerimenti per una settimana di vacanza, abbinando ad ogni giorno il racconto perfetto, come si fa scegliendo di un cocktail l’ombrellino giusto. Un tocco di colore, leggero e spensierato. Perché che cos’è l’estate se non questo? Leggerezza e spensieratezza, aria leggera, abiti leggeri, cibo leggero e letture leggere.

Però.

Al Circolo dei lettori c’è Fernando Savater, venuto a Torino per presentare il suo pamphlet Contro il separatismo edito da Laterza. E tu nei freddi pomeriggi invernali ci sei andata ogni lunedì a quegli incontri sulle diverse Spagne, sui movimenti che vorrebbero una grande nazione frastagliata e divisa in micro-territori, ognuno autonomo. E quindi, un po’ per coscienza, un po’ per una ostinata forma di protesta (contro chi poi?) verso un’estate che tarda ad arrivare, infili le tue espadrillas e ci vai a quell’incontro.

Non lo avevi mai visto dal vivo, il corpulento Savater, il massimo filosofo spagnolo vivente. Il fatto che un intellettuale schivo, tendenzialmente disertore delle grandi conferenze e della mondanità, abbia accettato l’invito di venire a Torino perché, es una del las ciudades que prefiero, me encanta, lo rende subito più che simpatico alla platea assortita accorsa per l’occasione. Un po’ sabauda per nascita e un po’ per scelta.
La presentazione avviene nella sala grande, quella degli scrittori importanti e la breve introduzione del console spagnolo per il Piemonte e la Valle d’Aosta contribuisce a conferire un senso istituzionale al tutto.

¡Preparados, listos, ya!

Prima di raccontarci perché abbia deciso di scrivere un libro contro il separatismo (prevedibile, ammettiamolo, per un libero pensatore, oppositore al franchismo, pacifista e anticonformista), ci fornisce una definizione di pamphlet e quella precisione accademica – Es un género literario importante, muchos textos cruciales han sido escrito en pamfleto, mi fa subito venire in mente me studentessa alle lezioni di letteratura spagnola all’università, lo zoccolo duro del mio percorso di studi. I ricordi vanno, ma non perdo il filo.
Ci dice, e noi non facciamo fatica a crederci, che questo piccolo scritto è stato concepito assecondando l’urgenza del momento, niente impostazione universitaria, niente studio accademico: ha guardato la Spagna e poi ha esteso lo sguardo anche all’Europa, senza sconti, il caro vecchio Savater e ha deciso di denunciare il rischio che si corre nel dare tanto spazio e parola e occasione ai movimenti separatisti. Mica si può dare ragione sempre a tutti? Lottare quindi. E come dargli torto? Non possiamo che essere d’accordo con il distinguo che fa tra Nazionalismo e Separatismo. Il primo che investe un po’ tutti noi riguarda il senso profondo dell’appartenenza: chi di noi non può dirsi amante della propria cultura, fan della propria squadra di calcio, estimatore del proprio cibo (e vino per carità)? Amiamo quello che ci appartiene, nulla di più spontaneo e positivo. Sia noi che i nostri cugini spagnoli, con i quali condividiamo l’essenza di paesi molto variegati al loro interno, un caleidoscopio di posti e sapori diversi.

E allora qual è il problema?

Il problema nasce quando questa differenza diventa argomento politico centrale di un gruppo. Significa che un cittadino non è più tale per una costituzione, ma viene definito così in quanto appartenente ad un solo territorio. Quando il nazionalismo sostituisce il sentire collettivo sociale. In tutti gli stati esistono culture e lingue diverse, alcune davvero molto differenti tra loro (un mondo fatto di circa 280 stati per 6000 lingue diverse rende abbastanza l’idea, no?) ma ciò non vuol dire che ognuna di queste comunità linguistiche o culturali abbia il diritto di staccarsi dal
paese di appartenenza per erigersi a entità autonoma. Legittimando una tendenza, triste ormai, che fa delle lingue ulteriori strumenti per rivendicare separatismi, rinforzarli espressivamente. Non sarebbe azzardato definirla presagio di un’involuzione umana. Separarci, dividerci, andare uno in una direzione opposta rispetto all’altro. Così facendo verrebbe praticamente meno la libertà democratica, assicurata da una legge comune all’interno della quale i cittadini si possono comportare come vogliono.

Ripetiamolo come un mantra che in questo periodo non è che ci faccia male – come vogliono.

E così Savater, con il tocco leggero di una chiacchierata intima, ripercorre storicamente le cause e gli effetti dei movimenti che hanno diviso gli spagnoli tra loro, tracciando la carta d’identità di uno stato iberico inciampato tante volte negli stessi errori. Che sia stato per l’ingerenza della chiesa, per il movimento carlista e il suo stampo tradizionalista, che sia per le spine nel fianco sempiterne dei Paesi Baschi e della Catalogna, che sia (aggiungerei io) per la guerra di successione del 1700 che aveva già delineato frammentazioni e schieramenti diversi; sia quello che sia, certo è che la mancanza profonda di unità ha portato la Spagna lontana dalla Seconda Guerra Mondiale ma
dentro quella civile, riservandole trentasei anni di franchismo crudele e becero. Alleato di forze che pretendevano un’Europa scura e involuta. D’altronde chi ha appoggiato più di tutti nel secolo scorso i movimenti separatisti, regionalisti in quanto tali? Baffetti pettinati… no, non Charlot, l’altro. Sì, quello! E oggi, ahinoi, stanno risorgendo tutti quei nazionalismi, in Spagna e altrove. Savater, come ho fatto a mettere in dubbio il fatto che potessi venire?

¡ Perdón!

In un momento in cui il mare non è solo quello dell’estate e della spensieratezza, ma anche ostacolo per la realizzazione di un sogno, di salvezza e vita, dobbiamo difendere la cittadinanza, ma preservarla senza i proclami ringhiati a voce alta da chi ci vorrebbe tutti uguali e ciecamente protetti. E in questo senso, aggiunge Savater, si los ciudadanos si considerano cittadini di un territorio e non di uno stato di diritto, allora anche il problema dell’immigrazione non avrà soluzione. Se invece i cittadini si sentiranno parte di qualcosa di molto più grande del
regionalismo, allora anche la coesione culturale e l’integrazione sociale di chi è diverso sarà possibile.

Chapeau Mr Savater.

Direi che il pezzo sui racconti estivi lo butto giù domani, ma intanto invito tutti a tenerlo in borsa questo piccolo ripasso della cittadinanza, giusto così per darci un’occhiata in spiaggia tra un tuffo e l’altro.

¿Vale?

Concludo con una delle sue celebri frasi più attuale che mai.

Primo dei diritti dell’uomo è quello a non essere la fotocopia del vicino, a essere più o meno strani.

Strani, ma uniti.

Angela Vecchione

Sulla Spagna e i suoi autori, tante altre recensioni qui.