L’ultima metà degli anni ’90 ha visto un fiorire di antologie italiane di fantascienza, ne sono uscite a tutti i livelli spesso supportate da editori non di genere. Il livello medio di queste antologie era spesso medio alto, e non poteva essere altrimenti per riuscire a diffondere un prodotto nuovo che partiva penalizzato. Adesso (nel 1999 ndr) arriva in libreria quella che mi pare la migliore tra le antologie italiane che sono state proposte ultimamente. Edita dalla Shake, una casa editrice piccola ma agguerrita motivata e soprattutto con un gusto molto fine, è arrivata in libreria Retrofuturo, un’antologia che raccoglie molti dei migliori racconti di fantascienza di Vittorio Curtoni e un lungo saggio diviso in tre parti sulla sua esperienza della fantascienza italiana.

Il saggio presentato da Curtoni, La mia Love Story con la fantascienza, percorre un bel tratto della sua vita in salsa fantascientifica, il che significa ripercorrere la storia della fantascienza italiana dagli anni ’60 in poi che in un modo o nell’altro ha legato le sue vicende a quelle di Vittorio Curtoni.
Il saggio è brillante, divertente, estroso e, perché no, anche con un certo gusto per la necrofilia, vengono recuperati alcuni pezzi memorabili e in questa vogliamo ricordare almeno il recupero di parte del suo caustico editoriale per l’ultimo numero di Aliens in cui si congeda dal pubblico con un «spettabile pubblico ci hai rotto i coglioni» che è rimasto nella storia. Attraverso questo saggio ci si fa una buona idea di cosa sia e di cosa sia stata la fantascienza italiana, e soprattutto ci si fa un’idea dell’uomo Curtoni. Una persona brillante, affabile e prontissima alla polemica, una di quelle persone che si infiammano subito quando vengono toccate in corde sensibili. Lo scrittore Curtoni ci riserva dei deliziosi racconti. Nel peggiore dei casi si tratta sempre di opere scritte in modo brillante e con un linguaggio piacevole, in alcuni casi ci troviamo invece di fronte a racconti veramente deliziosi, dei piccoli gioielli. Quattro degli undici racconti mi sento in dovere di segnalare con forza: La sindrome Lunare, La volpe stupita, Dal Rabbino e La dignità della volpe.

La sindrome lunare e La dignità della volpe sono rispettivamente del ’76 e del ’78, l’uno il seguito ideale dell’altro. Soprattutto La sindrome lunare appare un’opera tipica del Curtoni sotto i trent’anni, una fase ben precisa del suo lavoro che poi in futuro prenderà altre strade e si concretizzerà in lavori che con sfumature diverse riescono a risultare egualmente affascinanti. Quella che è forse una delle sue opere migliori è proprio La dignità della volpe, un’opera in cui ci mette in guardia su alcuni pericoli del presente quando dice: «Il mondo che ci attende tra quarant’anni deve essere rigorosamente identico al nostro. Tornare indietro nel tempo, viaggiare nel passato, per il momento non è possibile, e così, per cambiare il futuro non resta che agire sul presente».

È una cosa ben nota ai governi totalitari che modificano la storia sostituendo le pubblicazioni negli archivi con versioni aggiornate in cui scompaiono individui e vengono sostituiti con altri, esattamente come descriveva Orwell nel suo 1984, esattamente come testimonia Carmen del Tapia a proposito delle tecniche dell’Opus Dei per tenere i suoi archivi puliti. È una pratica più frequente di quanto si possa sospettare e sulla quale dovremmo stare molto in guardia. Il passato non è immutabile quanto può sembrare e per modificare il futuro e necessario avere un controllo preciso del presente. Attraverso un’opportuna manipolazione delle condizioni iniziali è possibile dirigere il corso degli eventi, e far sì che il mondo si immetta in un loop stazionario che lasci sempre tutto inalterato, nonostante l’impressione che sia in continuo movimento, lasciando inalterati i centri di potere e continuando ad ammassare in un ciclo continuo ricchezza nella ricchezza e povertà nella povertà.

A volte prende l’angoscia a leggere questo racconto di Vittorio Curtoni, La dignità della volpe, pare venuto dritto dal passato e invece ci descrive un possibile futuro che pare già quasi presente. All’inizio pare tutto estraneo, molto logico e poco commovente, in perfetto parallelismo con quello che sente il protagonista del racconto. In più lui ricorda che all’inizio di questa storia era preso da una sorta di euforia, noi no. L’aria di marcio si sente fin dall’inizio, forse ereditata da quel lontano racconto del 1977 in cui la volpe fece la sua prima comparsa, La volpe stupita. Poi il quadro inizia a chiudersi in un’assurda fissità da sconcertante déjà vu. Quel futuro c’è poco da dire è identico al nostro presente. Il futuro simulato in cui Rupert (lo scienziato che nel racconto sta facendo degli esperimenti di simulazione elettronica del futuro) manda il protagonista per sondarlo e ispezionarlo è esattamente come lo potremmo immaginare noi. Non c’è nulla di nuovo, nulla di sostanziale è cambiato, e nulla riesce a cambiare questo futuro simulato. La fissità di quel quadro, e soprattutto la mancanza di fantasia di quel futuro danno la nausea. Non sembra una simulazione di un futuro realistico, ma la pessima descrizione di un futuro identico al presente di un mediocre scrittore di fantascienza. Nulla di sconvolgente e innovativo è avvenuto in quei quarant’anni che separano il tempo della storia dal futuro sondato con la sonda stocastica. Ci sono televisori da appendere a parete con lo schermo ultrapiatto, e stoviglie di plastica dall’aspetto molto prezioso. Differenze banali. «Tutto questo è già nell’aria, è appena dietro l’angolo. Chiunque lo può immaginare.»

L’obiettivo di chi ha il potere è esattamente questo, mantenere tutto fisso e uguale a se stesso mentre continua a procedere in avanti, mantenere il potere e il controllo. Impotenza e assoluta mortificazione della volontà di potenza. Di più, stagnazione e puzza di marciume che ti assale. Una condanna a un loop infinito che uomini affliggono ad altri uomini per mantenere intatta la specie, per difendere l’umanità da se stessa, per perpetuare il potere e lo sterminio delle volontà. È questo il nucleo forte del racconto, ed è la stessa puzza che si sente in molti racconti di Curtoni.

Emiliano Farinella

In libreria

Vittorio Curtoni
Retrofuturo. Storie di fantascienza italiana

Shake, 1999
Collana: Cyberpunkline
240 p., ill., brossura
€ 12,46

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