Per una lira è il titolo di una canzone di Lucio Battisti che comincia così: Per una lira io vendo tutti i sogni miei. E poi la voce a strisce di Battisti racconta la storia di qualcuno che a malincuore si distacca da una parte di sé. Ascoltandola, ho sempre pensato a chi scrive. In particolare agli esordienti. Chi, per la prima volta (e spesso per una lira) consegna il proprio destino al mondo. Nell’incertezza e nell’imprecisione, un esordio insegna a scrivere più di un capolavoro (anche quando le due cose coincidono: David Foster Wallace, La scopa del sistema, 1987). Per una lira è uno spazio dove leggendo le nuove voci della narrativa, italiana e straniera, metteremo in luce alcuni aspetti di un romanzo legati al gesto dello scrivere per la prima volta, ovvero alla scoperta della propria voce.

Alessandra Minervini, scrittrice, editor e writing coach. Il suo primo romanzo si intitola Overlove, LiberAria 2016. Nel 2021 pubblica Una storia tutta per sé. Raccontare se stessi per essere (più) felici con la casa editrice Les Flâneurs Edizioni. Il suo sito è alessandraminervini.info. Qui gli articoli pubblicati su exlibris20.


Annie Vivanti, Il fascino delle solitudini, readerforblind 2022

Annie Vivanti non è più vincolata a niente e nessuno, neppure al letterato che per primo l’aveva valorizzata, può inventarsi una lingua nuova e un coraggio tutto suo mescolando pagine liriche a righe di spiazzante ironia, sempre con intelligenza e sagacia, e soprattutto con magistrale consapevolezza. Che parli delle vacche del West o del marito ideale per una donna, Vivanti fa sorridere mentre scende in profondità: le sue notazioni di costume sono una scusa per sviscerare temi letterari come la disillusione e la salvezza, l’amore e la vita quotidiana. Il suo femminismo consiste nel raccontare le donne senza edulcorarle, senza dipingerle come vittime o eroine, ma nel descriverne i sentimenti, le cadute, le possibilità e soprattutto la volontà e le determinazioni. Oggi possiamo leggerla godendo della polifonica erudizione di cui non fa sfoggio, nascondendola dietro una letteraria svagatezza e lasciandola emergere a un occhio attento da scelte stilistiche curate e mai banali. Grazie a raccolte come Il fascino delle solitudini, dobbiamo aggiungere alla fama dei suoi romanzi anche un tributo di riconoscenza alla sua capacità nel racconto: Annie Vivanti era anche una maestra della forma breve, che portava avanti con acume e profondità, con l’incedere deciso e mai sovraccarico che ha caratterizzato la sua vita e le sue opere.
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Lezione n. 48

Leggere bene per scrivere bene

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«Io sono nata colla passione delle lontananze.»

Il fascino delle solitudini raccoglie le prime storie brevi di Annie Vivanti (1868-1942), scrittrice italiana, figlia di un garibaldino in esilio a Londra. Intanto ci vuole un plauso unanime per la scelta del titolo, che è anche quello di uno dei racconti, e per la fotografia nella cover, opera di Stefano Bonazzi. Il volume è un’opera unica perché raccoglie, per la prima volta in questa forma, le principali prose brevi di Vivanti. Una scrittrice polifonica, priva di vanità e di sfoggio, dalla prosa scintillante e mai banale.

Questa raccolta di racconti e opere prime di Vivanti è uno di quei libri che va letto con la matita in mano.

Lo legga subito chi ama scoprire forme di vita quotidiana dentro percezioni personali, chi vuole sperimentare la nostra lingua, chi cerca di capire come una frase non è solo una frase ma un modo di definire il mondo.

«Davanti a noi era lo scintillio dello champagne nei limpidi cristalli, lo sfavillio della stemmata argenteria sulla candida tovaglia; e i superbi fiori, ammassati in conche dorate nel centro della tavola, avevano l’aria di non volersi ricordare ch’erano nati in lontani e semplici giardini.»

Ciò che Vivanti scatena con le parole, con il fraseggio specifico ma non specialistico è una melodia armoniosa e polifonica, lontana da una piatta cantilena monocorde. Leggendola non si trova una forma nuova di racconto ma una forma nuova di pensiero. Ben più ispirante.

Le parole sono l’unico strumento per chi scrive, una parola anche minima, anche minuscola, ma sbagliata perché magari altisonante e fuori luogo o, al contrario, perché piatta e astratta, rovina la bellezza di un racconto.

Leggere bene per scrivere bene significa mettere a confronto le proprie idee con quelle di chi le ha avute prima di noi, ed è un bene che alcuni aspetti coincidano, pur non essendo uguali. Significa anche scoprire il ritmo di alcune storie, un ritmo fatto di pieno e di vuoto, a seconda della posizione delle parole. Le parole sono tutto e in un attimo sono niente. Imparare a raccontare significa imparare a metterle insieme, a sceglierle, a renderle il più possibile aderenti alla storia. I fiori per Vivanti, nel racconto che dà il titolo al presente volume, sono superbi. Potevano essere sciatti oppure spacconi oppure potevano essere superlativi o scintillanti. Oppure potevano essere solo belli. I fiori sono belli, no i fiori sono superbi. Qual è la differenza? Fiori superbi possono essere anche belli ma non viceversa, almeno non automaticamente.

Raccontare significa connotare il più possibile un’immagine, renderla tridimensionale con la scelta perfetta delle parole. Meno denotazione (i fiori sono belli) e più connotazione (i fiori sono superbi).

Vivanti piega la lingua a favore della storia. La cifra della prosa di Vivanti è la doppia lettura delle sue immagini, una parola non è mai lì per caso, si percepisce leggendo il piglio preciso e determinato con cui una parola sta al posto di un’altra. 

Un talento alimentato anche dalla sua storia personale. Vivanti “pensò, scrisse visse in molte lingue e molte culture”, scrive Nadia Terranova nella appassionata prefazione del libro e non a caso la definisce “la scrittrice più cosmopolita della nostra letteratura. (…) Anche per la forza con cui la sua visione aperta si fa strada nella concreta leggiadria della sua prosa, che solo uno sguardo superficiale può scambiare per leggerezza”.

Molte parole, molti pensieri, molti punti vista. È questa la formula magica con cui invito a scoprire Il fascino delle solitudini, dodici racconti che sono dodici mondi pensanti. Per Vivanti, così come per gli Angelici dolori di Anna Maria Ortese, scrivere è un modo di vivere. Anche una passeggiata in un mattino di aprile, al fianco di un acclarato poeta che decide impunemente di scalfire la bellezza che gli sta intorno, quella dei fiori per esempio che ritiene frivoli e distraenti. È la premessa de Il segreto della felicità, racconto con toni audacemente autobiografici e attuali nello stesso tempo, dove scopriamo che niente è immediatamente ciò che sembra, e anche la poesia può diventare un’esperienza di invidia disonesta. È quello che prova, dissimulando, il poeta quando la ragazza, voce narrante e doppelganger dell’autrice, trova passeggiando un trifoglio fortunato, intatto e inatteso come il suo talento, a differenza del talento del poeta oramai da sfoltire, privo di inebriante carattere. Nello stesso racconto, e sottotraccia in altri, emerge un tema caro a Vivanti, ovvero: è possibile che la felicità per una donna si riduca a trovare marito e un marito di che tipo, poi? Parte così una dissacrante disanima su quale sia l’aggettivo, e dunque il carattere, più adatto a identificare il marito ideale per una ragazza.

Per scrivere non basta leggere. Per scrivere bisogna leggere bene. Se leggi storie piatte, scriverai storie piatte. Non c’è traccia di piattume nell’ultima riscoperta letteraria, edita da Reader for Blind, che rispolvera storie che il tempo e il mercato editoriale contribuiscono a farci perdere.

«Addio, dunque, figlioli della mia mente; fate buon viaggio. E che la critica vi sia leggera!»

La prosa lucida di Vivanti è un dono. Ne Una prefazione (I divoratori), un testo strutturalmente spurio e dunque pregno di purezza intellettiva e di vivacità creativa, aspetti che spesso mancano e che invece dovrebbero essere il punto di partenza per chi comincia una storia, ogni volta come se fosse la prima volta. È una dedica personalissima a sé stessa come autrice, alle prese con i meccanismi incerti della creazione letteraria, con un’autoironia così cara alla tradizione italiana che oggi sembra lontanissima.

Esordi a tema riscoperta

Dante Arfelli, I superflui, Readerforblind 2021
Rina Durante, La malapianta, AnimaMundi 2020
Brianna Carafa, La vita involontaria, Cliquot 2020
Anna Maria Ortese, Angelici dolori e altri racconti, Adelphi 2006
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