«Ho fatto male a comprare questo quaderno, malissimo. Ma ormai è troppo tardi per rammaricarmene, il danno è fatto. Non so neppure che cosa m’abbia spinto ad acquistarlo, è stato un caso. Io non ho mai pensato di tenere un diario, anche perché un diario deve rimanere un segreto e, perciò, bisognerebbe nasconderlo a Michele e ai ragazzi.»
Nel dicembre del 1952 esce per Mondadori 🔗Quaderno Proibito di Alba de Céspedes che inaugura la nuova collana “Grandi narratori italiani”. Il cuore del romanzo è tutto nel titolo: un quaderno, un oggetto magico così potente da scardinare le certezze di Valeria, la protagonista. Un quaderno che però è proibito, come è proibito il gesto che lo accompagna: la scrittura. Valeria si fa coraggio e comincia a scrivere il suo diario personale, ed è proprio in quell’atto, quasi banale, che sta tutta la forza rivoluzionaria della de Céspedes. Dare identità e indipendenza a Valeria tramite la scrittura. Valeria si cerca, e si ritrova nelle sue pagine: una donna di quarantatré anni che scrive e dà voce a sé stessa, negli anni Cinquanta.
Quaderno Proibito nasce dalle lettere delle lettrici di 🔗Dalla parte di Lei, il romanzo precedente di Alba. Leggendole, ne vien fuori un personaggio che racconta sempre la stessa storia: una donna legata al focolare domestico, al marito, ai figli, intrappolata tra le mure di casa. È così che prende forma Valeria.
«[…] dopo Dalla parte di lei, [ho] ricevuto un gran numero di lettere da donne sconosciute. Alcune dicevano che il romanzo è bello, altre che è brutto, alcune che la protagonista aveva fatto male a uccidere e qualcuna perfino che aveva fatto bene. Ma l’importante è che, nello scrivermi, queste donne (forse a loro stessa insaputa) mi raccontavano ampiamente del loro matrimonio, della loro casa e dei loro figli: e insomma della loro vita quotidiana. Erano lettere tutte diverse tra loro e però sembravano tutte narrare la storia della stessa persona. La descrivevano tanto minuziosamente che presto imparai a riconoscerla: aveva i capelli castani, gli occhi castani, ed era ancora giovane, ancora bella, di quella bellezza particolare alle donne intelligenti e sensibili che a tutta prima passa inosservata. Mi divenne così familiare che ebbi bisogno di un nome per chiamarla. La chiamai Valeria.»
Dalle situazioni reali delle donne degli anni Quaranta e Cinquanta, de Céspedes crea un romanzo che ne rispecchia i dolori, le frustrazioni, il ruolo, la vita quotidiana. Quaderno Proibito esce in ventisei puntate sulla Settimana Incom Illustrata dal 23 dicembre 1950 sino al 16 giugno 1951. Durante questi mesi Alba riceve numerose altre lettere dal suo pubblico, dalle “sue” donne, che avvertono la realtà, la verità dietro la storia di Valeria. de Céspedes dà voce alle nascoste della società, e le fa tornare a vivere attraverso l’atto catartico della scrittura.
«È strano: la nostra vita intima è ciò che più conta per ognuno di noi eppure dobbiamo sempre fingere di viverla senza quasi avvedercene, con disumana sicurezza.»
Alba racconta la vita intima di Valeria, una donna che ha dedicato la sua vita alla famiglia, ai figli Riccardo e Mirella, alla casa, al marito Michele. Una donna che a differenza delle sue coetanee ha fatto un piccolo passo in avanti, possiede un lavoro. Valeria la avverte la distanza con le sue amiche di scuola, tutte occupate a essere dipendenti dal marito. Valeria ha una sua piccola indipendenza e se la conquista maggiormente decidendo di scrivere sul quaderno. Ma la società non è ancora pronta per un cambiamento così drastico: glielo dicono i figli e il marito, cosa potrebbe scrivere una donna?
«Allora tutti, compreso Michele, hanno cominciato a ridere all’idea ch’io possa tenere un diario. “E che vorresti scriverci, mammà?” diceva Michele.»
Anzi, cosa potrebbe scriverci mammà? Agli occhi della sua famiglia, non esiste più Valeria, esiste solo la mammà, la mamma di casa pronta ad accudire marito, figli, a preparare la cena, a pulire la casa, nonostante il lavoro. Quello che ancora di più snatura Valeria è l’aver perso il suo nome, la sua identità di donna.
«Nel rileggere quel che ho scritto ieri mi viene fatto di domandarmi se io non abbia incominciato a cambiare carattere dal giorno in cui mio marito, scherzosamente, ha preso a chiamarmi “mammà”. […] Però adesso capisco che è stato un errore: lui era la sola persona per la quale io fossi Valeria».
Non è più Valeria, lo stesso marito non la vede più come una donna attraente, viva, con una sua dimensione sessuale: Valeria dovrà arrivare ad avere una relazione extraconiugale per riscoprire quel lato di sé sopito.
Michele ha distrutto Valeria, la donna femminile e attraente, l’ha riposta via, e ha visto solo la mamma, relegandola al suo ruolo per tutta la vita. Valeria è stanca, oppressa, derisa, sola. Il suo atto di scrittura è solitario, i suoi pensieri sono solitari. Anche se è a casa, tra i ragazzi e Michele, Valeria è incompresa, divisa dai suoi da un muro: da una parte mammà, dall’altra la vera Valeria richiusa nel cassetto.
Mammà è la donna della società del dopoguerra, e de Céspedes usa il suo personaggio per denunciare ancora una volta la condizione femminile, ma anche la condizione della società stessa. La disparità tra il mondo femminile e quello maschile, tra chi si è arricchito con la fine della guerra e tra chi ha perso, come Michele. Alba è formidabile, anche se è sempre su una voce femminile, dà luce anche agli ostacoli degli uomini: Michele ha abbandonato i suoi sogni e vive da perdente, Riccardo vorrebbe riscattarsi, fare soldi in Argentina e tornare da vincitore. Mirella, studia per diventare avvocato, e vuole migliorare la sua posizione con la sua intelligenza e astuzia. La nuova generazione è incarnata dalla figlia: una donna che esce, rincasa tardi, ha un fidanzato più grande, studia, è indipendente, sogna di più per sé stessa e anche per sua madre. Mirella è la nuova donna che cresce e cerca di slegarsi dai ruoli che le hanno affibbiato, di prendere la propria vita tra le mani e decidere per sé. Per avere un suo spazio: quello che Valeria non ha. de Céspedes più volte sottolinea che Valeria si ritaglia dei momenti per scrivere trovando espedienti che portino fuori gli altri familiari da casa, o che non possiede una scrivania, un cassetto, un posto dove poter scrivere. Valeria non ha una stanza tutta per sé perché non deve scrivere, non può, è semplicemente una donna del suo tempo.
«Questo è quello che mi rivolta, mamma. Tu ti credi obbligata a servire tutti, a cominciare da me. Allora anche altri, a poco a poco, finiscono per crederlo. Tu pensi che per una donna aver qualche soddisfazione personale, oltre a quelle della casa e della cucina, sia una colpa: che il suo solo compito sia quello di servire. Io non voglio, capisci?, non voglio.»
È il quaderno a rivelare a Valeria un’altra vita, un’altra parte di sé: è la scrittura che materializza le sue incertezze, le sue paure, che porta a galla la vera Valeria, l’amore, la passione, la lotta con sé stessa. Comincia una piccola rivoluzione, un risveglio. Valeria non è più solo mammà, è tante Valeria, ognuna con una sua dignità, ma soprattutto Valeria può finalmente vedersi e questo le fa comprendere quanto stia cambiando la sua vita, la sua quotidianità.
«È terribile pensare che ho sacrificato tutto di me stessa per portare bene a termine compiti che essi giudicavano ovvii, naturali.»
Alba de Céspedes è incauta, è esplosiva nel pubblicare negli anni Cinquanta un libro di questo calibro che dà voce a tutte le donne, a tutte le mammà. La sua scrittura è densa, intima, irruente, esprime un’interiorità spezzata che pian piano prende forma per diventare violenta, feroce. Una lotta interiore che è una lotta di scrittura. I primi passi di una rivoluzione che però rimane nascosta, proibita.
E come può concludersi se non con una delusione, se non con un ritorno allo status quo, a ciò che la società brama. Ma quel mare apparentemente calmo è ormai stato sconquassato, e di increspatura in increspatura porterà a un grande cambiamento futuro. Da Valeria a Mirella a noi.
«Di fronte a queste pagine, ho paura: tutti i miei sentimenti, così sviscerati, marciscono, si fanno veleno, e ho la coscienza di diventare rea quanto più tento di essere giudice. Devo distruggere il quaderno, distruggere il diavolo che in esso si nasconde tra pagina e pagina, come tra le ore della vita.»
Alba de Céspedes non cerca pietà o perdono per Valeria che ha peccato, ha tradito, ha vissuto, e ora ha deciso di non essere coraggiosa, di tornare a essere la mammà, la matrona silenziosa. Alba de Céspedes vuole incitare a comprare un quaderno, vuole incitare alla trasformazione, vuole incitare alla scrittura, alla scoperta di sé. A essere politiche, a provare, a fallire, a risalire, a vivere.
Ilaria Amoruso
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